“Non è mai troppo tardi”. Una frase che negli anni Sessanta ha dato speranza a milioni di adulti analfabeti sparsi nel nostro paese. Era il titolo del programma televisivo del maestro Alberto Manzi grazie al quale tanti italiani impararono a leggere e scrivere, fino alla conquista della licenza elementare. E ora è il titolo della coinvolgente ed emozionante fiction prodotta per Rai Fiction da Angelo Barbagallo, diretta da Giacomo Campiotti, con Claudio Santamaria, in onda in prima serata su Rai 1 il 24 e 25 febbraio. Nel ricco cast anche Nicole Grimaudo, Giorgio Colangeli, Marco Messeri, Andrea Tidona, Roberto Citran, Emanuela Grimalda, Lucia Mascino, Lele Vannoli, Edoardo Pesce.

A dieci anni dalla scomparsa del popolare e amato maestro, la Rai si è finalmente decisa a rendere omaggio all’autore di un programma educativo coinvolgente e rivoluzionario, emblema di quel servizio pubblico televisivo di cui si sono sempre più perse le tracce.
Per Manzi, aspirante maestro senza raccomandazioni,  l’Italia che usciva con le ossa rotte dalla recente guerra si poteva cambiare attraverso i ragazzi, educandoli a essere liberi. A cominciare dai suoi primi alunni del riformatorio dei quali sfidò l’ostilità, sfidando a sua volta le restrittive regole carcerarie, impartendo loro lezioni di alfabeto e di fiducia, verso se stessi e verso la vita che li attendeva fuori dalle sbarre. Su un centinaio di allievi solo un paio tornarono in carcere. La sua rivoluzione continuò nell’arretrata scuola dell’obbligo dove stravolse i metodi d’insegnamento, rifiutando registri e voti, trasformando le classi in gruppi di lavoro, collezionando sospensioni e verifiche disciplinari. Anche ai provini in Rai per condurre il nuovo programma fece di testa sua. Stracciò il copione, si armò di fogli e gessetti per “animare” le lettere dell’alfabeto, lasciando a bocca aperta i funzionari, conquistati dal suo estroso modo di fare. Si crearono migliaia di punti di ascolto nei bar, nei circoli parrocchiali, insieme ai suoi alunni di quinta elementare portò all’esame di licenza anche una fetta d’Italia. In otto anni un milione e mezzo di persone impararono a leggere e scrivere grazie alle sue appassionate lezioni. Un’esperienza rivoluzionaria che fu copiata da 72 paesi.
Una storia esemplare, coraggiosa, di un uomo controcorrente, teorico della disubbidienza intelligente, che entra nel processo educativo spettinando le regole, portando un messaggio ancora di una modernità straordinaria, che fa riflettere su un’ Italia che guardava avanti, che rischiava, con tanta energia e voglia di fare.
“Ne ho una vago ricordo ma per me è una specie di supereroe – dice Claudio Santamaria, nato nel ’74 quando il programma tv era terminato -. Mi commuoveva ciò che accadeva nella storia, la luce che si accendeva dentro di lui – racconta l’attore romano -. Ha lottato per aprire la mente delle persone, per dare dignità a chi non aveva la possibilità di istruirsi. Fa riflettere sulla scuola, che dovrebbe creare una società migliore”.
Giacomo Campiotti, laureato in pedagogia e maestro mancato, è particolarmente soddisfatto di aver portato il mitico Manzi in tv. “Raccontare la sua storia è importante non solo per ricordare un grande uomo – sottolinea il regista -, ma anche per porre al centro dell’attenzione, in questo drammatico momento, l’importanza della scuola e dell’educazione dei ragazzi come base necessaria per la sopravvivenza di una civile convivenza sociale.  Un maestro che non insegna nozioni, insegna a pensare, combattendo l’ottusità delle istituzioni, senza arrendersi mai. E’ l’insegnamento più importante ancora oggi per tutti noi, abituati al lamento. Non dobbiamo rinunciare a lottare e protestare, continuando però a compiere anche nelle situazioni più difficili il nostro dovere nella maniera più sincera e creativa, realizzando quei piccoli miracoli che contageranno le persone intorno a noi e miglioreranno un po’ il mondo”.