La polvere del tempo, da oggi nelle sale italiane

«Negli ultimi anni mi sono molto avvicinato alla tragedia lasciando un po’ da parte Brecht. Lui è stato fondamentale nei primi anni della mia carriera, ma oggi dubito che le sue analisi sociali siano sufficienti a spiegare quanto sta accadendo intorno a noi». Lo afferma il regista Theo Angelopoulos, a Roma per presentare il suo film La polvere del tempo, nella nostre sale dal 1 giugno, due anni dopo la sua partecipazione al Festival di Berlino. Un film dai ritmi strazianti della classica tragedia greca, scritto con l’amico Tonino Guerra e co-prodotto da Italia, Grecia, Russia e Germania, con un ottimo cast formato da Willem Dafoe, Bruno Ganz, Michel Piccoli e Iréne Jacob.

Al centro la storia di un amore cominciato all’inizio degli anni ’50 nell’Unione Sovietica e approdato ai giorni nostri, dalla morte di Stalin alla caduta del muro di Berlino. Una valutazione poetica, spiega il regista, del secolo che è appena finito e una relazione visionaria con il secolo che stiamo percorrendo. Il tutto attraverso un amore che sfida il tempo, l’esilio, la separazione ruotando intorno alla figura centrale di una donna, Eleni, amata da sempre e per sempre da Spyros (Piccoli) e Jacob (Gans). Il figlio di lei (Dafoe), che sta girando un film sulla storia d’amore dei suoi genitori, si troverà al centro della storia tumultuosa che ha segnato quel triangolo amoroso. «Questo film è arrivato tardi. Oggi la situazione è nettamente cambiata – dice con un filo d’amarezza Angelopoulos -. La storia ha subito un’accelerazione improvvisa e tutto quello per cui avevamo lottato non si è trasformato in realtà».

Angelopoulos ora punta la cinepresa sull’attuale crisi greca. «Ho in preparazione L’altro mare – annuncia – su un gruppo di attori e scioperanti che si sono messi in testa di mettere su l’Opera da tre soldi di Brecht ma non ci riescono anche per problemi economici. Il film è anche la storia di un padre e di una figlia, che rappresentano chi ha creato la crisi e  chi la subisce». E ancora si parla di economia: «Questa crisi mi ricorda quella del ’29, oggi come allora sono le banche e la finanza che ci stanno stringendo la gola». Rispolvera dunque il preveggente Brecht, che scriveva: «Che differenza c’è tra rapinare una banca e farne nascere una nuova?».

Considera allarmante la situazione greca, ma non disperata. «Vedere piazza Syntagma ad Atene invasa pacificamente da migliaia di giovani che chiedono con forza un cambiamento totale – sostiene – è  un bel segno di speranza e un segnale forte per tutti quei paesi che vivono una situazione simile, come Spagna, Grecia, Irlanda, Portogallo e, forse, in un futuro prossimo anche l’Italia».