Un film inconcludente e con molte, troppe, lacune

Che fine hanno fatto i fratelli Vanzina maestri della commedia all’italiana? Pare abbiano ormai imboccato una strada in ripidissima discesa, sfornando film a dir poco imbarazzanti, che sono uno schiaffo al genere ereditato dal celebre papà Steno e portato da loro avanti per anni più che degnamente. Oggi (e non solo da oggi) Carlo e Enrico ci propongono film come Ti presento un amico (distribuito dalla Warner in ben 450 sale dal 12 novembre) che lascia esterrefatti per l’inconcludenza e la superficialità con cui è scritto (a sei mani con Francesco Massaro) e fatto (male) interpretare. Dov’è finita l’ironica-tragicomica visione del quotidiano, dei vizi e virtù di casa nostra, che sapevano trasformare in commedie deliziose come Sapore di mare, South Kensington, Febbre da Cavallo – La mandrakata, Il pranzo della domenica, ben pensate e ben scritte, con l’anima e il cervello, e affidate a superbi cast nostrani?

Stavolta, a loro dire, hanno tentato di raccontare una storia alla Notting Hill, paragonando il loro impacciatissimo Raoul Bova nientemeno che al frizzante Hugh Grant. Un Bova che, tagliatore di teste dall’animo nobile e pasticcione, non si capisce come mai (a parte la prestanza fisica) faccia strage di cuori femminili, tutti comunque affettivamente assai poco affidabili. In un inspiegabile via vai tra Londra e Milano, costosissimi alberghi e ristoranti alla moda, vari benservito di fidanzate-conviventi, grandi capi, amanti occasionali e aggressioni di fidanzati gelosi e traditi. «Mi è piaciuto rappresentare un uomo fragile nella cui vita le donne prendono il sopravvento – spiega Bova -. Trovo sia una tematica moderna: oggi donne e uomini si prendono e si lasciano sempre molto rapidamente, i rapporti sono velocissimi, c’è voglia di innamorarsi ma è come se non se ne avesse il tempo».

Una storia comunque mal disegnata, in un improbabile, edulcorato mondo di borghesucci dai portafogli pieni che, in tempo di crisi, con lavoratori arrampicati sulle gru per salvarsi la misera busta paga, suona più che mai stonata. Ma il peggio è che non si ride, non c’è nulla in cui rispecchiarsi, su cui riflettere o emozionarsi. Ancor meno azzeccata la squadra femminile in cui (a parte la sempre brava Barbora Bobulova malgrado il ruolo sopra le righe) annaspano Martina Stella, Kelly Reilly e Sarah Felberbaum.