Ragazze e ragazzi ventenni di buona famiglia che si tuffano ridendo in mare, si fanno dispetti, gesti affettuosi. Due di loro poco dopo si sposano, tra folle di invitati, bevono, ballano, cantano. Poi partono, accompagnati dagli amici, per un viaggio di nozze verso l’ambita libertà, oltre la cortina di ferro, disobbedendo alla proibizione di espatrio del vigente regime sovietico. Siamo in Georgia, nel 1983, ad attenderli un aereo, salgono, e poco dopo, convinti di essere seguiti da un agente del KGB, sfoderano le armi per dirottare il velivolo fuori dai confini nazionali. Spari, feriti, morti, l’arrivo dell’esercito che mette fine all’avventura, dal tragico epilogo.

Per chi è nato e vive in uno Stato democratico sembra quasi impossibile che la mancanza di libertà possa arrivare a scatenare la follia omicida in giovani colti, benestanti, amanti dell’arte, come i protagonisti del film Hostages, che Rezo Gigineishvili ha scritto e diretto ispirandosi a una storia vera, prodotto dalla Merlino di Flavia Parnasi che lo consegnerà alle nostre sale nei primi mesi del prossimo anno.
Un film duro e poetico, girato con mano ferma e asciutta, senza dare giudizi, con attori giovani bravissimi, che aprirà un dibattito tra gli spettatori e potrà forse far riflettere i nostri rampoll su certi capitoli di storia recente, ma già sepolta nel dimenticatoio. Un film da non perdere in un momento in cui in tutto il mondo ribollono rigurgiti estremisti mirati a limitare le libertà.

In Georgia, dove quella storia è nota a tutti, il film è già uscito, apprezzato dal pubblico che considera quei giovani come eroi. Rezo ha cercato di ricostruire la storia obiettivamente. “Cerco di far vedere al cinema com’era quell’epoca, anche per non far venire voglia di tornarci – spiega il regista presentando il film a Roma con gli attori -. Per me è molto importante analizzare il passato della mia patria, chiedermi cosa vogliono dire parole come libertà e responsabilità, capire da dove vengono i timori, la responsabilità di dire sì o no. Studiando la documentazione su questa vicenda non abbiamo trovato neanche una causa che giustificasse quello che hanno fatto quei ragazzi. Ma se analizziamo la loro situazione psicologica ognuno di loro aveva voglia di superare gli schemi. Il nostro subconscio quando abbiamo un divieto ci porta automaticamente a voler superare i limiti e ha creato nella loro mente un mondo che niente aveva a che fare con la realtà”.

Per i due giovani protagonisti dai nomi per noi impronunciabili, Irakli Kvirikadze (Nika) e Giorgi Grdzelidze (Sandro), che hanno parlato a lungo con i parenti delle vittime, non fu colpa loro ma del regime. “Quando sei sotto pressione e non hai libertà di scelta non sai controllare le azioni – dicono -. In una situazione di stress avrei cercato anch’io di scappare – sottolinea Irakli -, certo non uccidendo persone, ma li perdono, non fu colpa loro”. Le scene sull’aereo sono state le più dure da girare. “C’era il caos, il regista ci ha lasciati a noi stessi e abbiamo avuto davvero paura, la si percepisce nel film”.
“Ma non dobbiamo dimenticare le persone ostaggio su quell’aereo. – conclude Rezo -.Non puoi conquistare la libertà a scapito degli altri”.