“A 50 anni non posso più girare commedie sentimentali, d’ora in poi parlerò di separazioni, divorzi,  problemi coi figli”. Leonardo Pieraccioni sta girando tra Ventotene e Formia, in provincia di Latina, il suo dodicesimo film, Il professor Cenerentolo con Laura Chiatti, Massimo Ceccherini, Flavio Insinna,  prodotto da Marco Belardi con Rai Cinema e Levante, nelle sale dal 10 dicembre con 01 Distribution. “Non sarà solo una storia d’amore –spiega – A vent’anni esatti da I laureati e per i miei 50 anni, ho pensato di dare una sterzata al mio personaggio, anche se sarà sempre una commedia. Interpreto un figlio di buona donna. Questa volta Ceccherini è il buono e io il cattivo”.

Il regista-attore fiorentino è un imprenditore che per evitare il fallimento della sua ditta di costruzioni tenta insieme a un dipendente (Ceccherini) un maldestro colpo in banca che però gli frutta quattro anni di carcere nell ’ isola di Ventotene. Di giorno lavora nella biblioteca del paese e conosce Morgana (Chiatti), un’ affascinante donna-bambina che lo crede un professore. Si frequentano, ma lui entro la mezzanotte, proprio come Cenerentola, deve rientrare di corsa in cella per evitare che il direttore del carcere (Insinna) gli revochi  la semilibertà.

“L’idea mi è venuta durante una visita al carcere di Prato per presentare proprio I Laureati. L’atmosfera era informale, mi sono chiesto chi dei presenti poteva uscire e in che modo. Così ho  pensato a un film su un detenuto che s’improvvisa regista, gira un cortometraggio, lo presenta al pubblico e conosce una ragazza. E’ una commedia cattiva senza lieto fine, a tratti aspra e quindi più comica. A cinquant’anni ho capito che la favola non esiste, al posto dell’incanto c’è il disincanto. I miei personaggi hanno sempre avuto 40 anni e si potevano permettere certi stupori, a 50  lo stupore è da bischeri,  il Principe azzurro si è stinto in lavanderia, adesso siamo veramente tutti alla pari”.

Anche la ragazza del film, spiega Pieraccioni,  è una manfana, una che non viene dall’Accademia della Crusca. “E’ una sciroccata che va subito al punto, un vero maschiaccio, fa boxe e Tai-Chi, un po’ fuori di testa, non certo una principessa. Umberto non si innamorerà, vuole solo arrivare al sodo, non ci sono corteggiamenti, sentimenti. L ’approccio con le donne oggi è cambiato, non amano più ricevere mazzi di rose”.

Stavolta  nella sceneggiatura che ha scritto con Giovanni Veronesi e Domenico Costanzo ha messo perfino qualche parolaccia. “Ma chi nasce saltimbanco rimane saltimbanco, può sembrare patetico ma mi sento sempre lo stesso, non avrei mai fatto niente senza almeno una risata, mi continuo a considerare un cabarettista prestato al cinema”. Il suo omaggio al maestro della commedia Monicelli è un colpo di scena finale degno dei suoi film.