Non è vero che in Italia non si fanno più buoni film. Spesso i migliori finiscono ingiustamente e troppo velocemente nel dimenticatoio. La prova l’ha data Alessandro Aronadio con il suo eccentrico, imperdibile Orecchie, un piccolo film in bianco e nero prodotto tre anni orsono con 150mila euro,  passato a casa sua sotto silenzio dopo aver incamerato svariati premi e partecipazioni a numerosi festival ed essere stato proiettato in oltre 100 Paesi nel mondo. E per fortuna ora “ripescato” da Prime Video che lo mostrerà ai suoi fortunati abbonati.
Non a caso hanno scelto di interpretarlo, tra gli altri, attori del calibro di Piera Degli Esposti, Milena Vukotic, Massimo Wertmuller, Ivan Franek, Rocco Papaleo, Pamela Villoresi, Silvia D’Amico, Sonia Gessner e (non da meno) Andrea Purgatori, che hanno magistralmente colorito e dato corpo ai dialoghi surreali con il giovane protagonista, l’esordiente e più che promettente Daniele Parisi.

Un film che sulle prime può apparire lento, sconclusionato, ma grazie all’intelligente dialogo carico di sarcasmo, alla bravura degli interpreti, ti conquista istante dopo istante, scatenando nei momenti apparentemente drammatici sostanziose risate. Si ride di gusto, anche se con l’amaro in bocca, di fronte alle follie del mondo moderno, dalle quali il protagonista cerca di restare immune, rischiando però l’isolamento. Un film la cui conclusione vale mesi di sedute psicoanalitiche.  
La storia prende le mosse quando un giovane professore precario di filosofia, refrattario alle lusinghe del frivolo presente, si sveglia con un fastidioso fischio alle orecchie. Un biglietto sul frigo recita: “È morto il tuo amico Luigi. P.S. Mi sono presa la macchina”. Il vero problema è che non si ricorda proprio chi sia, questo Luigi. Tra suore invadenti e dottori sadici, star dell’hip pop filippine e fidanzate dentiste, inizia così una tragicomica giornata alla scoperta della follia del mondo, una di quelle giornate che ti cambiano per sempre.

“Il tipo di messa in scena, fatta di lunghe inquadrature, silenzi e tempi interni prolungati, la sfida di provare una comicità incentrata più sui dialoghi che sulle situazioni – spiega l’autore -, il gusto quasi ‘ebraico’ di usare un evento infinitamente piccolo (svegliarsi con un fischio alle orecchie) per riuscire a toccare con leggerezza temi infinitamente grandi, credo facciano di Orecchie una commedia strana, obliqua, inusuale per il panorama italiano”. Mentre scriveva, il quarantacinquenne regista romano vedeva sempre e solo immagini in bianco e nero. “Il bianco e nero è spietato, come la vita, come una certa comicità che è proprio la cifra di questo film. Aggiunge più verità a una storia che, di per sé, può essere letta anche come allegorica, sospesa, mentre per me è sempre stata profondamente radicata nella realtà – continua Aronadio-. Orecchie è un on the road a piedi lungo un giorno, una tragicomica via crucis attraverso una Roma in bianco e nero, la storia di un uomo senza nome che, attraverso svariati incontri, raccoglie pezzi di un puzzle che alla fine compongono l’immagine di se stesso. È una commedia sul senso di smarrimento, di scollamento dalla realtà che ci circonda. Un mondo che spesso appare folle, incomprensibile e minaccioso. Sul timore e il desiderio dell’anonimato che combattono continuamente in ognuno di noi. Su quel fischio alle orecchie che proviamo ogni giorno a ignorare, nascondendolo sotto la vita. Come polvere sotto il tappeto”.