Eccessivo, scandaloso, irriverente, impudico. In questo modo Wilde Side di Sebastien Lifshitz è stato liquidato da alcuni addetti ai lavori, turbati e colpiti dall’evidente forza visiva delle immagini che, senza falsi pudori, si soffermano sulla quotidiana duplicità di un transessuale e dei suoi due amanti. Eppure, scavando al di sotto della brutalità della prostituzione, si scopre un universo composto di solitudine intensa e matura, rischiarata da quell’unione salda ed amorevole che si intreccia tra gli emarginati abituati a vivere al di fuori delle vie abituali. Vincitore del “Teddy Award” alla Berlinale 2004 Wild Side ci offre la prospettiva di un moderno triangolo alla Jules e Jim raccontato da un contemporaneo Truffaut meno cinico ma più crudele dell’originale. Non si tratta di una rivisitazione anni Sessanta alla The Dreamers, non ci sono nuovi sogni da rincorrere e realizzare. La Parigi fotografata attraverso delle immagini quasi spoglie non è infiammata da movimenti culturali e sociali, ma sprofonda all’interno di un quotidiano grigiore che sa di povertà ed isolamento. Tutt’altra ambientazione, o per meglio dire, ben diversa atmosfera. Alle molotov si sostituiscono viali notturni popolati da “trans” ed alla scoperta sessuale dei tre ragazzi di Bertolucci si sovrappone un sesso che, oltre a mercificazione e vendita, si configura soprattutto come unione ed atto di riconoscimento. Stephanie, Djamel e Mikahail rappresentano gli stereotipi della marginalità, portando sulle proprie spalle il fardello del giudizio fin troppo ottuso della Società. Ma Sebastien Lifshitz decide di liberarli dalle loro maschere e di mostrare il profondo delle loro anime, i ricordi nascosti ed ignorati. Li trasforma da personaggi in esseri umani, scopre le loro ferite, non permette che esse cicatrizzino perché è solo nel riconoscimento di un dolore che possono accettare la loro quotidianità. Un percorso di comprensione emotiva che il regista ha deciso di affidare all’inaspettata grazia ed eleganza di Stephanie Michelini, una transessuale incontrata casualmente dal Lifshitz in un bar, capace di esaltare l’intensa bellezza di un volto androgino. Una narrazione condotta in modo tale da rendere il tema della transessualità un puro appiglio iniziale, la natura di cui Stephanie è indiscutibilmente composta, ma soprattutto un soggetto intorno al quale non ruota l’intera narrazione. È facile rimanere colpiti negativamente dal sesso esplicito rappresentato come atto di violenza e di frustrazione, ma se si riesce nel tentativo di contestualizzarlo all’interno di una situazione vista nella sua totalità, si comprenderà facilmente come questo sia un semplice veicolo per rappresentare quella quotidianità domestica e rassicurante vissuta dai tre protagonisti. Perché al di là della volgarità, degli schemi perbenistici non rispettati, di una moralità discutibile, Wild Sideracconta l’amore carnale degli amanti e quello disinteressato e dipendente di un bizzarro eppur solido nucleo familiare. Quell’unione completa ed assoluta di corpo ed anima non sempre destinata ad essere riconosciuta e compresa.

di Tiziana Morganti