Già regista, tra gli altri, del discutibile Lies (presentato a Venezia nel ’99), il coreano Jang Sun-woo arriva nelle nostre sale con questo Resurrection of the Little Match Girl(realizzato nel 2002). Rilettura (resurrezione, appunto) in chiave postmoderna della fiaba di Andersen (cosa facilmente intuibile dal titolo internazionale, semplicemente tagliato dalla distribuzione italiana), il film regala momenti di altissima visionarietà, contraddistinguendosi per un’evidente, a volte sin troppo scriteriata, commistione di sottotesti visivi: l’intenzione, lapalissiana, è quella di immaginare un personaggio anacronistico (la bimba vende accendini, non più fiammiferi) inserito in un contesto temporale altro, in questo caso addirittura “virtuale”. Proprio così, il film di Jang Sun-woo – giocando ampiamente con virtuosismi digitali e sfrenate citazioni (non solo attinenti ad alcuni effetti speciali) del Matrix wachowskiano – prende le mosse dalla passione per i videogiochi del giovane Ju (Kim Hyun-sung) che, attratto dal volo di una luminosa farfalla, si ritroverà nel bel mezzo di un gioco liberamente ispirato a La piccola fiammiferaia (qui interpretata da Yim Eun-Kyung) di Andersen. Il suo scopo? Salvarla dal congelamento, previsto per lei dal Sistema, cercando di difenderla dai continui attacchi dei nemici (l’indifferenza e l’ostilità delle persone), facendola innamorare. Muovendosi sul doppio asse reale/virtuale, rischiando di rendere la narrazione più ostica del dovuto, il film di Jang resta comunque interessante tentativo di fusione fra universi mistici e fabula tecnologica, con un impianto fondamentalmente votato alle consuete dinamiche “action” (la piccola fiammiferaia, del resto, imbraccerà la mitraglietta…), arricchito però da punte di vero e proprio lirismo, con inaspettati e magnifici omaggi (tra cui il celebre frammento subacqueo de L’atalante di Jean Vigo) e un notevole gusto per le ambientazioni. Pessimo, purtroppo, il doppiaggio italiano.

di Valerio Sammarco