Scarlett Johansson rinuncia al suo solito fascino per trasformarsi nell’androgina protagonista del film sul manga giapponese The Ghost in the Shell , nelle sale con Universal, affiancata, tra gli altri, da Pilou Asbæk, Takeshi Kitano, Juliette Binoche, Michael Carmen Pitt, Chin Han.  La ritroviamo in un futuro non troppo lontano nei panni per nulla sexy del Maggiore, il primo essere umano modificato ciberneticamente.  Un terribile incidente le ha straziato il corpo ma salvato il cervello, che le viene reimpiantato per la prima volta in un involucro artificiale. Nasce così un nuovo, indistruttibile soldato dai superpoteri il cui compito è  fermare i criminali più pericolosi del mondo, soprattutto i terroristi in grado di penetrare nelle menti delle persone e controllarle. Mentre si prepara ad affrontare questo nuovo nemico, il Maggiore scopre che la sua vita non è stata salvata, le è stata rubata. Non si fermerà davanti a nulla pur di recuperare il proprio passato, scoprire il responsabile e riuscire a bloccarlo prima che possa fare la stessa cosa ad altri.

Nel 2008 Steven Spielberg e la DreamWorks hanno acquisito i diritti per fare la prima versione cinematografica live-action di Ghost in the Shell ma ci sono voluti otto anni di sforzi attenti per realizzare la sceneggiatura, trovare il regista e gli interpreti più adatti. Per dirigere l’ambizioso progetto, i produttori hanno voluto il visionario regista britannico Rupert Sanders (già noto per il suo film dark d’azione Biancaneve e il cacciatore) che ha cercato di rimanere il più possibile fedele allo spirito originale dell’opera. “Il linguaggio visivo del manga ha davvero catturato la mia immaginazione – racconta -, quindi ho usato molte immagini dall’originale nel collage provvisorio della storia. Sono in molti in tutto il mondo ad aver visto ed e amato la versione animata, le immagini sono davvero potenti – spiega Sanders – e sono diventate la prima pietra del nostro film. Non abbiamo dovuto reinventarlo da zero, ma non lo abbiamo neppure copiato fotogramma per fotogramma. Scarlett ha arricchito il personaggio di una qualità infantile molto importante perché questa storia è un po’ la storia di Pinocchio – continua il regista -. È molto abile nel lasciarci avvicinare al personaggio per brevi momenti per poi respingerci di nuovo. E’ la regina del cyberpunk”.

“Trovare la propria identità reale, il senso di isolamento che è parte dell’esperienza umana, così come il senso di connessione che noi tutti condividiamo, sono temi per me molto importanti – spiega Scarlett  -. Questo film è qualcosa di innovativo. Non è il futuro incontaminato che a volte immaginiamo. L’umanità sta come implodendo, come un serpente che si mangi la coda. Le città sono costruite su altre città, le persone sono fatte di altre persone e di computer”.
“Il film è una parabola sui pericoli della tecnologia – aggiunge il produttore Avi Arad, fondatore dei Marvel Studios -, solleva questioni filosofiche interessanti legate ad un ambiente futuristico, ma che sono altrettanto rilevanti per il mondo contemporaneo. Esplora ciò che ci definisce come individui, la nostra storia messa a confronto con le nostre azioni”.
Concordiamo con lui che si tratti di un grande film d’azione, ma a nostro avviso dall’effetto piuttosto soporifero. Scarlett non cambia quasi mai espressione, facendoci temere gli effetti peraltro già visibili delle moderne dipendenze elettroniche e preferire di vivere, il più a lungo possibile, nel nostro vecchio mondo e in un corpo imperfetto, ma capace di produrre vere emozioni.