L’esordio cinematografico di Pascal Laugier si serve del volto molto più noto di Virginie Ledoyen (8 donne e un misteroThe Beach) per raccontare la vicenda “ai confini della realtà” di Anna, volontaria ai servizi sociali, incaricata della custodia di un orfanotrofio abbandonato. Qui la ragazza (N.B. incinta…) fa amicizia con una giovane del posto, affetta da disturbi mentali, Judith, e insieme (Lou Doillon) vanno alla scoperta dei segreti di quella costruzione, mentre strani eventi iniziano a capitare di giorno e di notte. Qualche salto sulla poltrona nel primo tempo e pian piano il film sembra prendere una piega inaspettata: da gustoso thriller composto da misteriose presenze, specchi, rumori e quant’altro, con un occhio a The Others e uno a Dark Water, ecco che Saint Ange si trasforma in qualcosa che ha più dello zombie-horror con un taglio misto tra Lucio Fulci e Dario Argento. Lo stacco nettissimo tra i due registri spiazza alquanto lo spettatore e lo stile è più un’imitazione che altro. Gli attori danno il loro meglio su una sceneggiatura – sempre di Pascal Laugier – che ha delle evidenti falle nella sua struttura. Si riconosce la fotografia dark piuttosto coinvolgente di Pablo Rosso, appartenente alla scuola spagnola del mito Xavi Giménes, già ammirata nel thriller Second Name di Paco Plaza. Anche la regia di Laugier non è male, tuttavia Saint Ange non sviluppa mai a pieno le sue potenzialità horror, né quelle del thriller, rimanendo sempre in bilico tra i due generi.

di Alessio Sperati