Presentata la nuova fiction poliziesca di RaiUno

Lo spinoso tema della diffusione della droga tra i giovani e il loro disagio esistenziale, mostrato senza falsi buonismi, ha fatto presa sul pubblico familiare di RaiUno. La fiction Caccia al re – La narcotici diretta da Michele Soavi, con Gedeon Burkhard (Il commissario Rex), Stefano Dionisi, Raffaella Rea, Ricky Memphis, Libero De Rienzo, Sergio Friscia, Denis Fasolo, Valentino Campitelli, partita domenica sera con più di cinque milioni di ascolti, è salita nella seconda puntata di lunedì quasi a quota sei milioni conquistando il 22,07% di share. Alla vigilia c’era qualche timore per questa serie innovativa, progettata per la seconda rete ma poi dirottata sull’ammiraglia Rai per ringiovanirne un po’ il target. Una manovra che sembrerebbe riuscita, proponendo questo dramma dei nostri tempi che mostra in modo molto realistico, non solo il sordido mondo dello spaccio internazionale ma, soprattutto, il lento e inesorabile coinvolgimento di un numero sempre maggiore di ragazzi, sempre più piccoli, nel mondo degli stupefacenti. Il tutto raccontato con il ritmo asciutto del poliziesco, ma tenendo in primo piano il punto di vista degli adolescenti, senza criminalizzare, indagando i loro meccanismi di rottura con il passato, con genitori sempre più in difficoltà nel capirli, nel rispondere alle loro domande.    

«Il poliziesco d’azione finora era un genere poco frequentato dalla nostra fiction – dice soddisfatto dei primi risultati il direttore di Raifiction Fabrizio Del Noce -. La regia di Michele Soavi è riuscita ad affrontare un tema difficile, come quello della lotta alla droga, con un taglio realistico e a volte aspro, ma coinvolgente per la grande platea televisiva di prima serata. Caccia al Re ha ottenuto un ringiovanimento del pubblico di RaiUno, con risultati molto significativi tra i teenager e le giovani donne. Una fiction che prende per il suo ritmo, ma al tempo stesso stimola una presa di coscienza delle modalità di diffusione della droga tra i giovani anche di differenti ambienti sociali, e dei pericoli ad essa connessi. Si tratta quindi di un programma che risponde in pieno all’impegno di servizio pubblico della Rai». Continuerà dunque per altre quattro puntate, in onda il lunedì in prima serata, la caccia della sezione narcotici all’Ottavo Re di Roma, capo di una spietata banda di narcotrafficanti internazionali che dalla capitale gestisce lo smercio di una nuova e potentissima droga.

«Un tema così duro e crudo – spiega il regista -, viene narrato senza falsi buonismi in una serie a suo modo didattica e terapeutica. Una volta tanto la Tv, che ha il dovere pubblico del servizio d’informazione, informa. Per la prima volta ci siamo messi a nudo, ci siamo messi allo specchio per vedere cosa fanno questi angioletti che sono i nostri figli. Pur essendo tutto verosimile, è anche inevitabilmente romanzato». «Anch’io ho figlio adolescente – aggiunge Dionisi -, questa serie può essere terapeutica nel mostrare come la droga, quando non uccide, può comunque rallentare inesorabilmente la crescita». Memphis  si ritrova nell’inusuale ruolo di un cattivo: «Ma il meno cattivo di tutti – dice l’attore -. Sono cose che esistono davvero, gli sceneggiatori si sono documentati a fondo per capirle. Certo, anche nella vita reale si respira la perdita di valori, l’emarginazione, la criminalità, ma la cosa importante è il messaggio ai giovanissimi: non serve dire che la droga ti uccide, ma che ti fa vivere male, che ti distrugge moralmente e fisicamente».

«Il mio personaggio – continua – è un cattivo perché spaccia, ma è anche un ingenuo e un sognatore, che vuole lasciare tutto e scappare. Per lui il valore dell’amicizia è forte, ma poi vende la morte ai ragazzini. È diabolicamente ingenuo». Burkhard, nel film è il capo della narcotici ma anche un padre vedovo che cerca di scoprire chi sono i rapinatori che gli hanno ammazzato la moglie, rischiando di perdere tutto, carriera e figlia. «Anche in Germania la droga è un problema che arriva sempre prima nella vita dei nostri figli – racconta -, li bracca a scuola già a 10 anni. È un problema mondiale, va affrontato a livello planetario». «Ci siamo interrogati sull’opportunità di raccontare certi ambienti della criminalità – spiega Del Noce -, ma come lo si fa al cinema si può anche nella fiction. Basta non indulgere verso il male».