Presentato a Roma il film “La frode” in uscita il 14 marzo

«Romani, sempre casino». Richard Gere è arrivato nella capitale per presentare il suo nuovo film La Frode, un intenso e coinvolgente thriller finanziario, nelle sale dal 14 marzo. Piomba ridacchiando tra i giornalisti che lo attendono, agitati e chiassosi per l’embargo che la produzione vorrebbe mettere al film, impedendo di scrivere fino al 7 marzo persino dell’atteso incontro con lui. Sbuca da dietro il gigantesco pannello che lo ritrae accanto al titolo del film (affascinante come dal vivo) che troneggia sullo sfondo. Tazza di caffè in mano, saluta tutti amabilmente, sfiora amichevolmente una guancia femminile (e chi se la lava più!!), disponibile come sempre a rispondere alle domande.

Il suo tour dell’Europa per promuovere la pellicola è cominciato ad Amsterdam dove, racconta lui, la stampa l’ha accolto composta e silenziosa. L’Italia “caciarona” invece non s’è smentita, ammicca lui visibilmente compiaciuto e divertito. Una protesta sacrosanta (ribadita con un corposo comunicato dal sindacato giornalisti di cinema) in difesa del diritto di cronaca, anche rosa, soprattutto quando al centro c’è l’arrivo di una star internazionale popolare e amata come Gere, di cui sarebbe assurdo parlare con ben 17 giorni di ritardo per l’annunciato embargo, dopo un’anteprima serale del film aperta a fotografi e cronisti televisivi.

Richard sorride, invita chi lo desidera a fotografarlo subito per non distrarlo poi durante l’incontro. E comincia a parlare del film, di cui è protagonista al fianco di Susan Sarandon, Laetitia Casta, Tim Roth, diretto dal regista esordiente Nicholas Jarecki che ha saputo mescolare in modo intelligente e brillante thriller, noir, sentimenti. Lui interpreta un magnate della finanza sessantenne che sta cercando di vendere il suo impero a una potente banca prima che vengano scoperti gli enormi buchi nei bilanci, abilmente camuffati. Ha una bella e fedele moglie (Sarandon) una giovane amante (Laetitia Casta), una figlia in carriera al suo fianco (Brit Marling) ma tutta la sua vita all’apparenza perfetta rischia di crollare per un tragico incidente, proprio quando è a un passo dalla chiusura della trattativa. «La fonte dei problemi del mondo – sottolinea – è la tentazione di sentirci al centro dell’universo con gli altri al nostro servizio. Questa menzogna è la causa di tutti i guai».

Il film non ha un messaggio: «È come uno specchio in cui guardiamo noi stessi». E questo vale anche per lui, che ha una filosofia di vita tanto lontana da quella del protagonista: «Il mio compito era renderlo umano. Non ho vissuto mai una storia simile, ma anch’io talvolta sono sceso a compromessi, ho detto qualche lieve bugia. Leggendo la sceneggiatura ho pensato allo scandalo Madoff, ma anche a Ted Kennedy e all’incidente d’auto in cui morì la sua giovane segretaria che rischiò di compromettergli la carriera».

Nel film, fa notare, si muove continuamente, come uno squalo che non si può mai fermare altrimenti muore. «È una corsa contro il tempo, sono un uomo che ha tutto, soldi, famiglia, amante, potere, un personaggio molto moderno, il maschio alfa, un uomo che fa errori e scende a compromessi, ma in fondo chi di noi nel suo piccolo non ne fa?». La mancanza di sincerità, sostiene, non c’è solo nel mondo dell’alta finanza: «C’è nel cinema, nell’industria, nella politica. Quando raggiungi un certo livello sei troppo potente e quindi intoccabile, entri a far parte di una sorta di club esclusivo che ti protegge». In barba anche alla legge: «Che è una serie di regole tecniche, il suo nemico è la verità. Non c’è mai nulla di definitivo come la verità, è tutto come un bersaglio in movimento». Anche nei rapporti familiari: «Per quanto li puoi danneggiare è sempre possibile ripararli. Mi viene in mente Clinton, dopo lo scandalo era odiato da moglie e figlia, ora sono il ritratto della famiglia felice». Dice di sentirsi anche lui “socio” del club del cinema, che sta vivendo grossi cambiamenti. «Questo per esempio è un film a basso costo, indipendente, girato in 31 giorni, fatto molto bene, eppure è stato difficile farlo».

Magnate senza scrupoli al cinema, filantropo e buddista nella realtà, non esclude di poter passare presto alla regia. «Ho molti progetti, qualcuno potrei anche dirigerlo, ma la mia vita e rivolta soprattutto alla mia interiorità, a capire la natura della mente, purificarla da elementi negativi, un monitoraggio che ti impegna a tempo pieno». In primo piano c’è suo figlio adolescente: «Ha 13 anni, voglio stargli vicino il più possibile prima che se ne vada per la sua strada. Lo chiamo ‘tempo di qualità’, come occuparmi della terribile situazione del Tibet, per fermarla ci vuole molta energia».