Il teatro che si fa cinema sforna una pellicola bellissima, emozionante, coinvolgente. Barriere il film diretto e interpretato da Denzel Washington con Viola Davis, adatta perfettamente al grande schermo la pièce teatrale del drammaturgo afroamericano August Wilson del 1983. Più che meritato Premio Oscar alla Davis come miglior attrice non protagonista,  l’Academy ha purtroppo lasciato a bocca asciutta il protagonista-regista, malgrado la sua strepitosa interpretazione.

Un dramma familiare ambientato negli anni ’50 andato in scena a Broadway per ben 525 repliche e che continua a fare centro anche al cinema grazie alla magistrale interpretazione dei protagonisti. Il sessantaduenne attore statunitense si cala dolorosamente nei panni di Troy Maxson, ex giocatore di baseball fallito che per vivere fa il netturbino a Pittsburgh e cova dentro di se un risentimento che rende molto complessi i suoi rapporti con la moglie, i figli, gli amici. A tenergli perfettamente testa c’è Viola Davis, nei panni di Rose, moglie devota che ha consapevolmente sacrificato se stessa per stargli vicino.

Una storia di sogni infranti, di ciò che accade quando si è bravi abbastanza ma si fallisce comunque, di dove va a finire tutta quella energia quando non puoi esprimere il tuo talento. Troy è bloccato nel tempo, incapace di gestire un mondo in cambiamento, frustrato per la sua occasione mancata. Intossicato dalla propria amarezza, vuole solo il meglio per suo figlio Cory, promettente giocatore di baseball, ma con la sua prospettiva limitata gli tarperà le ali rendendoselo nemico.

Wilson, morto nel 2005, non è riuscito a vedere la sua sceneggiatura diventare film. Washington spiega di essersi messo “al suo servizio, al meglio delle mie capacità. Ho sentito la responsabilità di non sbagliare. Quasi tutte le parole sono le sue originali, io posso avere aggiunto una riga qua e là. Cosa mi aspetto dagli spettatori?  So che saranno intrattenuti e illuminati, che vedranno grandi attori sullo schermo e udranno il suo ritmo, la sua musica”.

Non avrebbe potuto fare questo film, ammette,  senza aver prima portato in palcoscenico Troy. Durante le riprese non avrebbe avuto il tempo necessario per cercare di comprendere chi fosse realmente. “Con il revival dell’opera a Broadway, tutti noi abbiamo avuto più di cento possibilità di fare pratica, scoprire ciò che funzionava. Sul set sapevo che avrei dovuto semplicemente mettere la macchina da prese davanti agli attori e lasciar fare loro quello che avevano sempre fatto in teatro, la recitazione non è diversa”.

Ha girato il film in sequenza, nell’Hill District di Pittsburgh, dove August Wilson è cresciuto, ha ambientato Barriere e dove alcune vie sono rimaste intatte dagli anni ‘50. La musica di Marcelo Zarvos non è mai invadente. “Le parole sono la musica e Troy non smette mai di parlare dall’inizio del film – commenta Washington -, sappiamo esattamente cosa prova, non c’è bisogno che siano i violini a dircelo”.