Probabilmente nessuno meglio delle madri italiane è esperta riguardo alla famosa sindrome da “cordone ombelicale”. Si tratta di una patologia che tiene legate le premurose ed affettuose genitrici alla propria prole, dimostrando una necessità di controllo e protezione quasi ossessiva soprattutto se i figli in questione hanno raggiunto da un bel pò la maggiore età. Un eccesso d’amore che, nel nostro bel paese, è quasi esclusivamente esplicato a favore dei “cuccioli” maschi. Quindi il panorama proposto dalla commedia di Michael Lehmann ( The Truth About Cats and Dogs) ci proietta verso una nuova prospettiva della patologia, concentrandosi sulla dinamica del rapporto madre-figlia ( per una volta non drammaticamente conflittuale e concorrenziale) e strizzando l’occhio ad un universo caratterizzato da una folle complessità. Daphne Wilder ( Diane Keaton) è una madre il cui amore per le figlie non conosce limiti e regole. Probabilmente questo dipende dal fatto di aver cresciuto da sola le sue tre ragazze: Milly la maldestra (Mandy Moore) , Maggie l’equilibrata ( Lauren Graham) e Mae l’anticonformista ( Piper Perabo). Il problema è che le tre figliole stanno per esplodere di fronte a tanto desiderio di controllo soprattutto per quanto riguarda la loro sfera privata. La sceneggiatura scritta da Karen Leigh Hopkins, a quanto pare ispirata da una storia vera carpita nella sala d’attesa del dentista, dà vita ad una classica commedia degli equivoci e dei sentimenti che, furbescamente tenta di accaparrarsi una fetta di pubblico e mercato ben preciso. Non bisogna essere dei geni per codificare messaggi, umorismo e situazioni completamente costruite a favore del così detto gusto femminile. Senza timore di sbagliare possiamo dire che la fabbrica hollywoodiana, esperta nello sfornare questo genere di prodotti stilisticamente puliti ed un pò asettici, ha messo in scena un mondo sottilmente inquietante volutamente visto dall’ottica delle donne e per le donne. Ecco dunque una sfilata di luoghi comuni che sembrano decisi a tavolino, e minimizzano in un certo senso la fantasia che solitamente vivifica la mente e lo sguardo femminile. Gli uomini presenti sembrano corrispondere a dei modelli prestabiliti attraverso delle analisi di mercato più che a delle effettive necessità. Tracciato per grandi linee, generalizzando eccessivamente, ecco presentarsi il maschio comprensivo e perfetto, l’amico delle donne alla cui esistenza le donne stesse hanno deciso di non credere più. Gli si contrappone l’uomo cattivo per eccellenza. Insensibile, superficiale e profondamente bastardo. Così denso di elementi negativi da sembrare irreale. Se a questo si aggiunge una Diane Keaton che proprio non riesce a trovare un ritmo comico costante e un film il cui andamento sembra tenere a stento per meno di un ora, si ottiene una commedia mediamente attraente da riporre nel dimenticatoio senza alcun tipo di rimorso.

di Tiziana Morganti