Uomini soli, senza speranza, costretti a fare i conti con un passato di tormenti, macchie mai lavate, sospetti e incredibili verità: una vicenda che assume le forme della tragedia in cui vittime/carnefici si trovano a dover combatter con un destino amaro e senza futuro. La Boston operaia ha le caratteristiche di una comunità dove tutti si conoscono, ma nessuno è disposto a dare una mano all’altro, soffocati come sono da un vortice di profondo egoismo; le luci e la fotografia crepuscolare, ricordano la fine del giorno mentre le scenografie delineano luoghi a metà tra la fiaba nera e il dramma sociale, mostrando una società spietata e violenta in cui a vincere sono i più forti. L’immagine della foresta, da cui fugge Dave e in cui viene ritrovato il corpo privo di vita di Catherine, assume i contorni di un posto cupo, tanto tenebroso come le scene delle favole in cui agnelli sono inseguiti da lupi famelici.
Il “Mystic River” del titolo è il fiume dove ci si lava dai peccati, dove si ha il coraggio di tradire le persone più care, solo perché perseguitati dall’ombra del dubbio e da un feroce desiderio di vendetta; una trama complessa per un’opera pressoché perfetta che inizia come un poliziesco e poi si trasforma in un affresco nero e straziante. Il bene e il male, l’illegalità e la giustizia, l’amore e la morte, la colpa e il rimorso, l’incubo e la realtà si agitano tra le acque profonde sorrette da un indissolubile vincolo dell’amicizia segnato dal fato.
Clint Eastwood dopo la parentesi poliziesca alla Callaghan, ritrova lo smalto di un tempo e aggredisce lo spettatore con una vicenda forte come la verità, servito da un cast formidabile: Sean Penn nei panni dell’ex galeotto tatuato, circondato da cattive compagnie, dà vita ad un personaggio rabbioso ma mai eccessivo; Tim Robbins come un bambino-adulto privato dell’età dell’innocenza, è un fantasma, spaesato e confuso nelle tenebre dei ricordi; infine Kevin Bacon, la legge, interpreta un cavaliere solitario, segnato da un’esistenza grigia e priva di affetti. Le donne forti e orgogliose da un lato, indifese e confuse dall’altro hanno i volti convincenti di una splendida Laura Linney distrutta dal dolore ma con un coraggio da vendere e Marcia Gay Harden che, caduta sotto i colpi dell’incertezza, rivela tutta la sua fragilità nella scelta finale.

di Ilario Pieri