Se è vero che il buon giorno si vede dal mattino, i coniugi Jonathan Dayton e Valerie Faris non avrebbero dovuto sperare molto per il loro primo lungometraggio, eppure, nonostante cinque anni di sfortunata lavorazione, Little Miss Sunshine si impone come la commedia rivelazione dell’anno. Presentata a Locarno,al Sundance ed uscita vincitore al SydneyFilm Festival, questa piccola produzione ( il film è costato solamente otto milioni di dollari) si è trasformata in un evento cinematografico salutato dalla stampa statunitense con particolare approvazione. Dopo essere uscito nelle sale americane il 27 luglio con solo 7 copie, oggi questa deliziosa pellicola familiare ha oltrepassato i 42milioni di dollari d’incasso ed è distribuita in ben 1.500 copie. Un miracolo cinematografico dovuto in parte alla forza del passa parola, ma soprattutto ad una sceneggiatura ( di Michael Arndt) ilare, moderrna e dalla sorprendente freschezza. Le vicende che travolgono la bizzarra famiglia Hoover offrono lo spunto per regalare allo spettatore una variegata e sfaccettata sfilata di eccentricità umane, volte ad intonare, come lo stesso New York Magazine lo ha definito, un incantevole inno ai perdenti. Dayton e Faris mettono in scena la vita degli ultimi all’interno di una società ossessionata dal vincere e dall’arrivare primi, dimostrando non solamente come sia comunque umanamente possibile vivere, ma sia plausibile farlo anche con una particolare dose di autoironia. Il concorso di bellezza per bambine a cui l’intero gruppo familiare degli Hoover accorre, dando inizio per l’occasione ad uno “sgangerato” road movie, non è che l’escamotage per mettere in mostra un campionario umano nei confronti del quale è impossibile non nutrire una immediata e naturale simpatia, non fosse altro che per un’ inevitabile riconoscibilità, ed una sottile ma graffiante critica nei confronti della società americana e dei suoi falsi miti. Il ritmo è quello di una tragicommedia che, anche nelle situazioni potenzialmente più drammatiche, scivola in un umorismo travolgente ed a tratti satirico. Tra un nonno erotomane e sniffatore, uno zio studioso di Proust e quasi suicida, un padre teorico dei 9 passi del successo eppure fallito cronico, una futura piccola miss decisamente poco avvenente ed occhialuta, ed un vecchio furgone a cui si rompe la frizione ed il clacson, l’atmosfera dal dramma passa al farsesco ad alta velocità, seguendo quasi un bioritmo naturale. Intelligenza ed ironia sono gli elementi che caratterizzano Little Miss Sunshine, dando vita ad un piccolo miracolo di stile e qualità cinematografica, dove la risata non svilisce il messaggio e dove quest’ultimo non appesantisce l’intera narrazione, lasciando sempre spazio ad una ragionevole, necessaria ed ottimistica possibilità.

di Tiziana Morganti