Comicità demenziale irresistibile per mettere al bando i peggiori e assai diffusi vizi dell’ Italiano Medio, che dà il titolo al film del geniale Maccio Capatonda, lanciato a man bassa da Medusa in 400 sale dal 29 gennaio.
Il finto svampito Capatonda (al secolo Marcello Macchia) e i suoi finti svampiti soci Herbert Ballerina (Luigi Luciano) e Ivo Avido (Enrico Venti), scatenano incontenibile ilarità mettendo al bando con le loro macchiette i guasti prodotti dall’estremismo sociale del protagonista, Giulio Verme, un forsennato, sfigato e depresso ecologista che rifiuta ogni cibo animale, ogni derivato dalle moderne tecnologie, a partire dalla tv, va in bici, ricicla meticolosamente ogni scarto.

Rigido nei sentimenti, Verme non cede ai compromessi nel lavoro e con un gruppo di improbabili contestatori si batte inutilmente contro i soprusi edilizi del solito trucido palazzinaro che distrugge il verde cittadino in nome del “bello”, ossia manciate di grattacieli per superricchi. Convinto da un amico d’infanzia a ingerire una pillola miracolosa che gli farà usare solo il 2 per cento del suo cervello rendendolo finalmente felice, l’ometto si trasformerà in un supertamarro, egocentrico cialtrone, donnaiolo, nottambulo consumatore senza scrupoli, che raggiungerà facilmente la finta-gloria mediatica. Quando deciderà di “disintossicarsi” dalle pasticche sarà contagiato dal virus del “furbetto” con occhio attento al compromesso e ai propri interessi. Una malattia che purtroppo dilaga anche nella realtà, invadendo tutti i palazzi del potere.

Il film offre un’ora e mezza di caricature comiche non troppo stereotipate, che ridanno finalmente fiato a un filone cinematografico che un tempo rese felici pubblico e produttori, snobbescamente abbandonato per far posto a commediole scialbo-impegnate che non divertono nessuno e svuotano tragicamente le sale. Affidate ora alle cure dei vari Zalone (purtroppo deludente nell’ultima prova), Pif, Sibilia, e ora Capatonda e soci, che fanno scaturire la risata con le lacrime agli occhi senza necessariamente obnubilare il cervello, che si spera conducano il cinema verso una rapida convalescenza . Da non confondere con altri insipidi similcomici partoriti dal piccolo schermo che attentano pesantemente alla vita del neorinato genere.

Non a caso il trentasettenne chietino Macchia-Capatonda ha frequentato con profitto la scuola dei Verdone e Benigni (prima maniera), Troisi, Ciprì e Maresco, Guzzanti e dei loro tanti illustri cugini americani. A monte del suo stile fatto di parodie, giochi di parole e nonsense che ha prodotto validi short pubblicitari, finti trailer e serie di successo come “Mario” su Mtv, trasformandolo in un fenomeno web “contagioso” (15 mila visualizzazioni su Youtube), c’è una corposa preparazione (laurea in tecnica pubblicitaria a Perugia) che nulla lascia all’improvvisazione cialtrona, senza però smorzare la sua brillante fantasia. Col prezioso supporto del degno compagno Enrico Venti, (coetaneo amico d’infanzia con cui ha anche fondato una casa di produzione) e l’aggiunta del geniale Luigi Luciano, che lo seguono nel suo prometente viaggio dal piccolo al grande schermo.
Che si spera non arrivi troppo presto al capolinea.