Per fortuna c’è ancora qualche film che riaccende la voglia di andare al cinema. Un re allo sbando, surreale road-movie di Peter Brosens e Jessica Woodworth, con Peter Van Den Begin, Lucie Debay, Titus De Voogdt , Bruno Georis, dopo aver conquistato il pubblico veneziano arriva nelle sale il 9 febbraio con Officine Ubu, miracolosamente anche con qualche copia non doppiata.

Protagonista di questa esilarante commedia agrodolce, girata dai due registi belgi fondendo magnificamente il loro stile documentaristico alla finzione mantenendo inalterata la credibilità della storia, è l’ apatico re Nicola III del Belgio succube del protocollo. Durante una visita ufficiale in Turchia, in seguito alla scissione della regione belga della Vallonia, per salvare il trono deve correre in patria, ma è bloccato a Istanbul con il suo fedele staff da una tempesta solare che paralizza aerei e mezzi di comunicazione.

La sicurezza turca vorrebbe impedirgli un viaggio via terra ma lo sbiadito re tirerà fuori un’insospettabile grinta, escogitando un rocambolesco piano di fuga verso il suo paese, attraversando i Balcani sotto mentite spoglie e con i più improbabili mezzi. Un’odissea colorita da imprevisti e incontri inaspettati che segneranno la sua rinascita e la conquista di una nuova libertà. Il tutto filmato da un regista incaricato di rinverdire l’immagine di sua maestà, voce narrante della storia.

Non è un film politico anche se pieno di politica, di elementi simbolici forti. Il Belgio, spiega la regista presentando il film a Roma, un piccolo e complicato Paese specializzato in surrealismo e compromessi, vive un periodo molto triste, troppi estremisti. Le contraddizioni di questo minuscolo regno e la crisi d’identità sempre più profonda del nostro continente sono state una grossa fonte di ispirazione per questo divertente ‘falso documentario’.

Woodworth e Brosens hanno cominciato a scriverlo nel 2011, prendendo spunto anche da fatti reali, come la crisi politica che lasciò il Belgio senza governo per quasi due anni, l’eruzione del vulcano islandese che fermò a lungo i voli bloccando in Turchia il presidente dell’Estonia. Ma la loro chiave era puntare sul lato umano del re, dando agli attori i dialoghi all’ ultimo minuto perchè non perdessero spontaneità, invitandoli spesso a improvvisare. Difficile è stato trovare i finanziamenti per sostenere gli elevati costi di venti giorni di riprese tra Montenegro, Bulgaria, Albania, mare Adriatico, tra la vera gente di tanti suggestivi villaggi e i vessilli della passata era comunista.

“Oggi l’Europa e il resto del mondo sono allo sbando, è una fase molto pericolosa, soprattutto con uno come Trump – dice la regista -. Non bisogna arrendersi ma parlare di più con i giovani perché non siano vittime dell’odio e della paura. Nel nostro prossimo film Arcipelago, che gireremo su un’isola della Croazia, l’umorismo sarà ancora più mordace per parlare dell’estrema destra. E’ il momento giusto per fare satira”.