Il 21 marzo è uscito il film di Riccardo Milani contro l’Italia dei corrotti

I disonesti sono sempre gli altri. Ma gli altri chi? Si chiede Riccardo Milani, che nel film Benvenuto Presidente, nelle sale dal 21 marzo, più che puntare il dito contro i politici corrotti, invita gli italiani a “far dimettere la furbizia”. Una favola leggera, molto divertente, popolare ma non populista, interpretata da Claudio Bisio, Kasia Smutniak, Giuseppe Fiorello, Remo Girone, Massimo Popolizio, Cesare Bocci, Omero Antonutti, Michele Alhaique, Franco Ravera, Patrizio Rispo, Gianni Cavina, Piera Degli. «La sceneggiatura – ci tiene a sottolineare lo sceneggiatore Fabio Bonifacci – è stata scritta tre anni orsono,  molto prima che prendesse corpo il movimento dei ‘grillini’. Fotografa una realtà in cui, tra la gente comune e perfino tra i ragazzi, cresceva la protesta contro i partiti. Racconta un punto di vista generalizzato sulla politica che stava montando».

La storia comincia quando un gruppetto di parlamentari trafficoni, in disaccordo su chi mandare al Quirinale, decide di votare Giuseppe Garibaldi come Presidente della Repubblica. Non potendo però annullare la votazione, toccherà all’onesto e ingenuo montanaro Peppino Garibaldi (l’unico ad avere i requisiti per l’incarico) lasciare l’amata pesca alle trote per andare in tutta fretta a occupare la prima carica dello Stato.

Quando il neo Presidente della Repubblica eletto per caso si presenterà a Montecitorio per dare le dimissioni, presa coscienza della situazione in cui l’hanno cacciato certi politici corrotti, di fronte all’aula attenta alle parole del primo discorso di rinuncia della storia repubblicana dichiarerà: «Mio nonno mi ha insegnato a non darla mai vinta ai disonesti. Perciò rinuncio alla rinuncia». E nello sconcerto generale comincerà il suo irto cammino tra le rigide regole del Quirinale, dove “il rispetto del protocollo è fondamentale perché in democrazia la forma è il contenuto” gli spiegherà l’affascinante ma inflessibile vicesegretario generale (Smutniak). Ma Peppino cambierà comunque le regole. «Piuttosto che raccomandare mio figlio mi dimetto» dichiara convinto. «Se non sei ricattabile non sei controllabile – si lamentano i parlamentari che l’hanno eletto e se lo vogliono togliere velocemente di torno -. La gente ha in media 4 scheletri a testa nell’armadio. Lui niente. Come portarlo all’impeachment? Con il fango!» Ci proverà un “deviato” ex agente del servizio segreto, ma anche l’arma del ricatto gli si rivolgerà contro.

Milani più che con i soliti politici corrotti se la prende con gli italiani ‘furbetti’. «La politica serve a coprire responsabilità personali – spiega il regista -. Respiro antipolitica da quando ero bambino, il Parlamento è una conquista che va difesa, i partiti non sono tutti uguali. Sono convinto che il nostro sia un bellissimo paese dove però la maggior parte delle persone non rispetta le regole, soprattutto quelle della normale ed elementare convivenza civile». Perché? «Perché non le rispettano i politici, che danno il cattivo esempio, ma anche la gente, che educa i propri figli a non rispettarle, semplicemente perché non le vuole rispettare. La cattiva politica – continua – è troppo spesso una copertura, il marcio non è solo dentro i palazzi, ma anche fuori, nei bar, nelle piazze, nei centri commerciali, nei negozi, nei mercati, nei luoghi di lavoro, dove cresciamo con la cultura della clientela e degli amici giusti al posto giusto. Molto spesso la politica peggiore asseconda l’Italia peggiore, quella della corruzione, della clientela, del profitto a qualsiasi costo».

«Non è un film realistico o politico – sottolinea Bisio -, è una favola, racconta l’Italia del 2013 anche se è stata scritta tre anni fa, quando Monti era ancora solo un professore e Grillo soltanto un mio collega. Ho accettato il ruolo con un po’ di paura, l’età c’era, sto per compiere 56 anni. Non volevamo ‘inseguire’ la realtà né essere legati all’attualità che ogni giorno ci superava e ci spiazzava, eravamo impreparati a ciò che è successo in questi ultimi mesi, il film è diventato iperrealistico!». Chi è dunque questo Peppino? «È un buono, ingenuo, propositivo, ottimista e pieno di voglia di fare – spiega Bisio -, imparando il nuovo mestiere come un alieno innocente, guidato dal buon senso comune e da un’onestà spiazzante per tutti, proverà realmente a cambiare le cose». Con Bonifacci ha “cucito” le varie scene sulle sue corde e la sua personalità. Della sua partner dice: «Kasia è un’attrice di talento, brillante, di una bravura impressionante. Ci siamo divertiti tanto, sul set e fuori. Mi sono permesso di tirare la corda fin dove potevo e lei faceva finta di scandalizzarsi, ma era sempre pronta a rilanciare la palla in maniera creativa. Pur potendo contare su un copione solido avevamo sempre ampio spazio per l’improvvisazione».

«La mia grande difficoltà durante le riprese era di non scoppiare continuamente a ridere – racconta Kasia -. Bisio era una vera e propria mina vagante, Milani lo lasciava libero di improvvisare, lui inventava sempre qualcosa di inaspettato e spiazzante e io lo supplicavo di non ripeterlo. Nelle scene a letto Claudio e io continuavamo a darci grandi capocciate e gomitate. In una movimentata scena di sesso gli ho infilato un dito nell’occhio, una situazione buffa. Ma quando ho visto il sangue mi sono allarmata e lui è finito al Pronto Soccorso».

Gli interni del Quirinale li hanno girati a Torino, all’Archivio di Stato, all’Accademia delle Scienze, alla Reggia di Venaria e a Palazzo Reale, dove la scenografa Paola Comencini aveva simulato la stanza del Presidente. «Nel letto a baldacchino aveva dormito Cavour – racconta l’attore -, la sovrintendente alle Belle Arti controllava che nessuno manomettesse quegli arredi preziosi. Siccome io dovevo provare il materasso, per risultare buffo ho cominciato a saltarci sopra. Ma ho perso l’equilibrio e, per non cadere, mi sono avvinghiato, alla tenda del baldacchino che si è strappata ed è venuta giù rovinosamente: la Sovrintendente è svenuta!».

A Montecitorio invece hanno avuto il permesso di girare nel Transatlantico dal 4 al 6 gennaio, quando i lavori della Camera erano sospesi per le feste. «Ma in quei giorni si decideva se Monti si sarebbe presentato alle elezioni e molti deputati erano comunque presenti – spiega Bisio -. Nessuno riusciva a distinguere i veri onorevoli da quelli finti. Alla buvette, al momento di pagare per l’abbondante colazione che avevo appena consumato, non avevo neppure un euro nel costume di scena. Ho accettato che me la offrisse l’ex ministro dell’interno Enzo Scotti!»