«Ricordatevi di Alamo!». Mai come ora Bush avrebbe bisogno di certe esortazioni tanto care al popolo che con la frode si è trovato a governare, ma è pur vero che gli uomini hanno bisogno di un valido motivo per andare a morire in guerra che, ad occhio e croce, non può essere identificato con un nuovo oleodotto da costruire in Medio Oriente. Demagogia a parte, se l’eroismo ha un epiteto in America, questo è sicuramente Fort Alamo: legata al suo nome la battaglia del 6 marzo 1836 nella quale 189 volontari Texani e Tejanos, affrontarono come leoni l’esercito messicano di Antonio Lopez de Santa Aña forte di più di 2500 soldati. Ma il regista, Texano anche lui, John Lee Hancock, non ha un compito facile: fornire una rappresentazione scenica per una vicenda di cui tutti conoscono lo sviluppo, limita l’innovazione al mero stratagemma stilistico, ed è infatti questa la vera forza del film. La più grande carenza è invece nella narrazione e nella sceneggiatura, entrambe goffe e noiose nel preparare l’inevitabilità del finale. L’ingiustificata ed interminabile attesa di un assedio durato nella realtà 90 minuti in un film di 136, viene compensata da una gustosa fotografia arricchita dai particolari scenografici e costumistici di pieno effetto.

Le interpretazioni di Billy Bob Thornton e Dennis Quaid compensano poi quelle totalmente inadeguate di Jason Patric e Patrick Wilson: in particolare la scena di Thornton/Davy Crockett che suona il violino per i Texani, è una delle più intense del film, insieme alla battaglia vera e propria, tutta ripresa in notturna. Alamo – Gli ultimi eroi è la prova che anche il cinema americano ogni tanto sente la necessità di rispolverare storie già narrate in celluloide, e, seppur superando i precedenti, in particolare quello di John Wayne del 1960, il film non riesce a rendersi autonomo dalle infantili dicotomie buoni/cattivi della Disney, negando alla vicenda un respiro ben più maturo; la sontuosità scenica non vale da sola ad ‘intrattenere’ lo spettatore, già conscio dell’inevitabilità di certe evoluzioni. Il film, diciamolo, è stata una vera e propria patata bollente: dopo un primo rifiuto di Ron Howard che pretendeva tutt’altro cast, Hancock si è visto bocciare tutti i primi screening, costringendo la produzione a posticipare l’uscita del film dal Natale 2003 alla primavera 2004. Altri film come Glory – Uomini di gloria, dimostrano che si può parlare di una grande battaglia del XIX secolo, non privandola né dell’elemento umano, né di quella epicità che le è dovuta.

di Alessio Sperati