A un anno di distanza dalla premiazione al Festival di Roma, esce “I Want to be a Soldier”

Valeria Marini è nata con la tv, non certo di qualità. E ora, da produttrice cinematografica, l’attacca ferocemente, come maestra di violenza. Il film I want to be a soldier, premiato l’anno scorso al festival del film di Roma da una giuria di under-dodicenni, opera prima dello spagnolo Christian Molina, nelle nostre sale dal 14 ottobre con il patrocinio del Moige e dell’Unicef racconta l’escalation verso il bullismo estremo di un ragazzino. Ambientato in America, ispirato al milione di storie vere spesso dai risvolti drammatici, il film vuole mettere a fuoco le lacune educative di famiglie, scuola e società nei confronti dei minorenni, lasciati troppo soli a “digerire” le notizie violente propinate in abbondanza da tutti i media.

«Non è un film contro la tv – sottolinea il regista alla presentazione romana -, ma contro i messaggi di violenza che possono arrivare ai ragazzi. Oggi si sceglie sempre la maniera più aggressiva, cruda, cruenta per dare le notizie». Il distributore della Iris Film, Christian Lelli, si augura che non cali la mannaia della censura che potrebbe proibirne la visione nelle sale ai minori di 14 anni. Un controsenso, anche se concordano che il film vada visto dai più piccoli “accompagnati”, oppure a scuola, coi professori.

Perché sarà proprio a scuola che Alex (Fergus Riordan), dieci anni, darà prova di sempre crescente violenza verso i coetanei piu’ indifesi. La sua “conversione” avverrà quando, conquistatosi un apparecchio tv nella sua camera da letto, con l’arrivo di due fratellini gemelli che lo faranno sentire messo in secondo piano, la sua attenzione sarà catturata da immagini di stragi e conflitti estremi. Pian piano arriverà a odiare il mondo, a sognarsi soldato di guerre sanguinose e sanguinarie, farà esperimenti cruenti con animaletti indifesi, insulterà maestre e preside, farà a botte, isolandosi sempre più dai genitori e dai vecchi compagni di scuola. In un crescendo che non prevede certo il lieto fine.

«Oggi i ragazzi diventano adulti troppo presto – si lamenta l’autore -, le immagini forti del film le abbiamo scelte su alcuni siti Internet accessibili sempre e a tutti». Per il Movimento dei genitori è un buon film di denuncia, che deve far riflettere gli adulti e chi fa certi programmi, far discutere sulla difficoltà a educare non solo della famiglia ma dell’intera società. «I ragazzi devono imparare a decodificare i messaggi mediatici – sottolinea la presidente del Moige -. I figli sono un bene sociale, la responsabilità di come crescono va condivisa a tutti i livelli».

Valeria Marini non ci sta a sentirsi “complice” di un deterioramento morale causato da una tv becera, purtroppo sempre più diffusa. «Faccio una tv popolare ma non sbagliata – si discolpa la soubrette -, i bambini e le donne mi amano molto. Una tv sicuramente leggera ma non  pericolosa, i reality come l’Isola dei famosi, non credo proprio siano diseducativi. Certo poi tutto deve essere valutato dai genitori, non bisogna lasciare i bambini soli».