Fuggire per continuare a restare italiani. Lo ricorda il film tv La Rosa dell’Istria in onda il 5 febbraio su Rai 1. Le storie degli esuli istriani e dalmati diventano storia universale, di chi ha dovuto e deve abbandonare la propria terra per un domani incerto, lasciando una scia di morti alle spalle.Liberamente ispirato al romanzo Chi ha paura dell’uomo nero? di Graziella Fiorentin, prodotto da Rai Fiction, Publispei e Venicefilm, diretto da Tiziana Aristarco, con Andrea Pennacchi, Gracjela Kicaj, Eugenio Franceschini, Clotilde Sabatino, Costantino Seghi.
Un fagotto e via nella notte per non farsi scoprire. La fame, il freddo, la minaccia delle armi e della morte chiudono il cerchio della tragedia. E chi sopravvive a tutto ciò è condannato a essere esule e straniero in un’altra terra. Il tutto sottolineato dalle intense musiche di Mattia Donna & La Femme Piège.

La guerra arriva a Canfanaro (oggi Croazia) e investe in pieno la famiglia Braico: il padre Antonio, medico; la madre Bina; i figli Niccolò, Maddalena, Saulo; la nonna Mimma, che rinuncia alla fuga quando il pericolo incombe sulla popolazione istriana, stretta dopo l’armistizio del ’43 tra i soldati tedeschi che cercano di riorganizzarsi nella Repubblica di Salò e le truppe del maresciallo Tito intente ad annettere l’Istria alla Jugoslavia. E’ la storia intima di una famiglia, ma anche dei grandi e sofferti amori della vita.
Maddalena Braico (Gracjela Kicaj) ha diciotto anni e sogna di diventare una pittrice, ma la Seconda guerra mondiale sconvolge i suoi piani e quelli della sua famiglia. I partigiani titini arrivano in paese e la famiglia Braico deve fuggire. Trova riparo a Cividale del Friuli dove prova a ricominciare, ma non è facile. Antonio (Pennacchi) è un medico, ma per sfamare la famiglia comincia a lavorare come semplice operaio. I Braico dovranno sopportare altri momenti difficili e anche perdite dolorose. Il tempo intanto passa e i sogni di Maddalena sembrano essere ormai un lontano ricordo, mentre l’Italia festeggia la fine del conflitto.

Girato in Friuli, in un’ottantina di location con base a Gorizia. A Trieste è stato ricostruito il campo esuli, a Travesio la stazione ferroviaria con il magnifico treno a vapore, a Chiusa di Sagrado c’è l’imponente diga diventata la casa di Leo, a Fossalon di Grado è ambientato il Polesine,
“La storia va oltre la vicenda storica e travalica tempo e divisioni – spiega Aristarco -. Abbiamo sentito un profondo senso di responsabilità, ma anche di speranza nel raccontare, con questo film, la vita di una ragazza che cerca di sopravvivere e di vincere, anche se il mondo che le sta intorno le crolla addosso. Maddalena si troverà a vivere uno degli eventi più drammatici e anche più controversi della storia del nostro Paese. Se il suo mondo è grigio e la guerra distrugge e sconvolge tutto, non è così assurdo che lei cerchi di vedere e riportare su tela un mondo più colorato, proiettato verso un futuro migliore. La ricerca di Maddalena nel campo esuli di Trieste, dolorosa e impegnativa, rappresenta la speranza di ritorno alla vita per salvare e ritrovare qualcosa del suo passato che non poteva morire”.

Rai Fiction ha scelto una chiave di racconto melò per poter arrivare a tutti. A chi ventila la scelta di questo tema per la messa in onda con l’attuale governo di destra, la direttrice Maria Pia Ammirati risponde: “Questo progetto è partito tre anni fa, come Paese non abbiamo una memoria condivisa, la Rai deve illuminarne tutti i tratti, smettiamola di parlare solo di una parte, anche questa storia ci rappresenta e non tutti la conoscono”. “E’ un viaggio potente da non dimenticare – aggiunge la produttrice Verdiana Bixio -, ci vuole coraggio a scegliere storie forti che devono arricchire e far porre delle domande oltre a intrattenere”. “La memoria è diversa dalla storia che ti insegnano a scuola – sottolinea Pennacchi -, quella che ti tramanda la tua famiglia ti guida nel presente, non deve diventare conflittuale ma dialogare con le altre, vanno raccontate tutte per capire cosa viviamo adesso”.