Un thriller mozzafiato in salsa noir ha aperto la tredicesima edizione della Festa del Cinema di Roma incollando gli spettatori alle poltrone per oltre due ore, tra sussulti e risate. Il regista e sceneggiatore Drew Goddard ha presentato il suo Bad Times at the El Royale (7 sconosciuti a El Royale, nelle sale dal 25 ottobre) senza nascondere di aver omaggiato i padri delle atmosfere a tinte fortissime Tarantino e i fratelli Coen. Ad accompagnarlo alla kermesse la ventunenne attrice-cantante statunitense Cailee Spaeny, la più giovane dello strepitoso cast formato da Jeff Bridges, Jon Hamm, Dakota Johnson, Cynthia Erivo, Lewis Pullman, Chris Hemsworth.

La storia si consuma tutta in una notte, alla fine degli anni Sessanta, quando un manipolo di sbandati all’apparenza normali irrompono nell’ormai fatiscente motel El Royal costruito a cavallo del confine tra California e Nevada. Una incessante pioggia torrenziale rende ancor più claustrofobica la scena in cui si svolge in crescendo questa violenta, ma anche molto ironica e divertente pellicola, che incrocia i destini dei protagonisti, estranei tra loro finchè un passato misterioso li porterà a scoprire le carte in tavola, a mostrare il loro vero volto, costretti dall’incalzare degli eventi a calare le maschere, dando vita a un’escalation di azioni a sorpresa, imprevedibili e assai cruente.

Un film sulla dualità, dove nessuno è quello che sembra e dove il luogo dell’azione riflette questa doppiezza. Una storia che parla anche di empatia, della disperata ricerca di redenzione prima che la vita venga spazzata via. Goddard ha voluto girare in pellicola, per non alterare colori e sapori dell’epoca, con campi larghi alla Sergio Leone, e riprese in sequenza, per aiutare gli attori, cuore del film,  e meglio coglierne ogni sfumatura. Anche in questo ha avuto ragione, evocando perfettamente le atmosfere anni sessanta, risvegliando e cogliendo il massimo del talento di ciascun interprete. Ha rispolverato anche figure inquietanti come il diabolico Charles Manson e le sue sette perché oggi come allora, ha spiegato, c’è molta “mascolinità tossica”. Maschilismo, sessismo, esistono da secoli ma finalmente si è fatta luce su questi mali e bisogna continuare a combatterli. Comunque ha scelto un finale di speranza, di redenzione perché, sostiene, anche in tempi cupi come anche quelli che stiamo vivendo c’è sempre una luce.