Ferito gravemente alla testa nel 1991, durante il primo conflitto nel Golfo Persico, il sergente Jack Starks (Adrien Brody) sopravvive per miracolo. Inizierà però a soffrire di amnesie post-traumatiche e, nove mesi più tardi, dopo aver prestato soccorso a una donna e a una bambina rimaste con l’auto in panne, verrà trovato semi-incosciente sulle strade innevate del Vermont. Accanto a lui, una pistola e un agente di polizia ucciso. Considerato responsabile dell’omicidio, verrà comunque ritenuto incapace di intendere e volere. Affidato alle cure di un manicomio criminale, Jack subirà il mostruoso trattamento “terapeutico” del dottor Becker (Kris Kristofferson): riempito di sedativi, imbrigliato in una camicia di forza e infilato in un cassettone da obitorio, l’ex marine riuscirà poco a poco a ricostruire il suo presente. Frammentari flashback e improbabili trasmigrazioni spazio-temporali lo sballotteranno fra il passato di una vita dimenticata e il futuro di una vita che non potrà mai essere sua.
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Diretto dal londinese John Maybury (che torna dietro la macchina da presa sette anni dopo il controverso Love is the Devil) e prodotto, tra gli altri, da Soderbergh e Clooney, The Jacket è un thriller claustrofobico e angosciante, supportato dalle astratte sonorità di Brian Eno e da un cast di altissimo livello (Jennifer Jason Leigh, Daniel Craig, Kelly Lynch e Keira Knightley, quest’ultima nei panni di Jackie Price, figura perno dell’intera narrazione), il film è uno spietato, aberrante, allucinante viaggio nei meandri della mente umana. Violento e serrato, esteticamente suggestivo, il lavoro di Maybury – seppur velatamente forzato in alcuni snodi della costruzione – riesce a ben condensare sgomento e consolazione, alternando alla crudeltà di un presente senza speranze la prospettiva – quantomeno sognata – di un futuro più roseo.
di Valerio Sammarco