Non sarà un cult movie e nemmeno una commedia dalle originali atmosfere, ma Scrivimi una canzone ( nelle sale dal 26 febbraio) varrebbe l’intero costo del biglietto anche solo per i titoli di testa e di coda. Perché la visione dell’impaludato, elegante ed oxfordiano Hugh Grant con parrucca bionda, pantaloni attillati, giacche con spalle larghe, trucco vistoso e mosse da star del pop anni ottanta è uno spettacolo che va oltre ogni aspettativa. Per le ex fan dei Duran Duran prima maniera, degli antagonisti Spandau e degli ossigenati Wham, il film di Marc Lawrence ripercorre con una punta di malinconica ironia l’epoca dei ciuffi mesciati, delle spalline alla Robocop, del lurex e di un trash che fece tanto tendenza. Alex Fletcher ( Hugh Grant) è un divo decaduto degli anni ottanta. Dopo lo scioglimento dei PoP, il suo gruppo, non è riuscito a costruire una carriera da solista. Tra una esibizione fieristica ed una festa di ex alunni ad Alex viene offerta la possibilità di scrivere e comporre una canzone per la più importante cantante del momento. Ad aiutarlo la goffa, paranoica ed arguta Sophie ( Drew Barrymore), conosciuta come improbabile curatrice di piante d’appartamento e rivelatasi paroliera di talento. A questo punto, tolti i riferimenti d’epoca, il tenero ripercorrere sonorità ed immagini tanto care agli adolescenti di 20/15 anni fa, Scrivimi una canzone non offre spunti di particolare interesse se non una leggera spensieratezza ( visto i tempi che corrono non fa mai male) ed un romanticismo non eccessivamente zuccheroso esaltato da un ottimismo da favola. A completare il quadro idilliaco una New York fotografata dal suo profilo migliore ( Central Park in autunno e l’Upper West Side). Per interrompere questo sottile piacere del patinato e prevedibile Lawrence ( sua è anche la sceneggiatura) inserisce una coppia tanto improbabile quanto comica per le sue stesse differenze. Il restio Grant e la caotica, disordinata e vagamente new age Barrymore compongono un team straordinariamente armonico nell’esaltazione delle loro incongruenze. Se Drew, dopo una adolescenza piuttosto turbolenta, confessa ancora di correre nuda nei parchi quando può, Hugh ha dovuto ricorrere all’aiuto di un whisky e di un tranquillante per lasciarsi andare e rendere il meglio nel girare il suo balletto dall’anca pericolosa. E se alla fine non si può proprio rinunciare all’ happy end con tanto di bacio e vissero felici e contenti, non dimentichiamo che i due si innamorano dopo una serata di scazzottate ed umiliazioni, finendo sotto un pianoforte con relativa testata la mattina dopo.

di Tiziana Morganti