Woody Allen ci riprova. Dopo la sua prima esperienza inglese ( Match Point, 2006) il regista newyorkese per eccellenza torna ad una storia dai sapori e dalle ambientazioni totalmente britanniche. Abbandonate atmosfere prettamente e seriamente noir che poco si addicono al suo spirito, si riappropria della commedia caustica, affiancando e dirigendo ancora una volta Scarlett Johansson (accanto a lei Hugh Jackmann con il quale ha da poco terminato le riprese di The Prestige per la regia di Chris Nolan) all’interno degli intrecci e gli intrighi di una ironica “yellow commedy”. Tra sentimento, sospetto ed un tocco di esoterismo Allen si rinnova pur, in un certo senso, rimanendo sempre uguale a se stesso. Nonostante mantenga intatte alcune caratteristiche basilari della sua cinematografia come i ritmi comici, il confronto speculativo con una figura femminile e l’elemento delll’illusionismo ( già utilizzato come escamotage narrativo in La malediazione dello Scorpione di giada, 2001), Allen si allontana da New York, la sua città simbolo, per addentrarsi tra nuove strutture urbane e culturali, liberandosi almeno in parte dalle sue elucubrazioni psiologiche ed analitiche, per lasciarsi andare ad un’ ironia più spontanea. Scoop è un film che, nonostante la presenza di una attrice lanciatissima come la Johansson, si regge quasi esclusivamente sulla presenza dello stesso Allen sullo schermo e sul loro binomio. Per meglio chiarire si potrebbe considerare questo film come un’opera dotata di un’anima assolutamente personale, all’interno della quale si avverte forte la presenza del creatore. Woody Allen è l’autore, il burattinaio, il deus ex machina che intreccia, crea e dirige. Partendo da una piccola e se vogliamo scontata vicenda, ha saputo creare l’illusione cinematografica attraverso una sceneggiatura capace di racchiudere elementi irrinunciabili come sketch comici dal ritmo sincopato ed un tocco di esoterismo per rendere il tutto ancora più illusorio ed illusionistico. Dopo aver tratteggiato con attenzione i canoni di semplicità e quotidianità secondo i quali la Johansson doveva costruire il suo personaggio, Allen si lascia andare alla realizzazione di dialoghi che, pur mantenendo il ritmo ed il sapore dell’improvvisazione quotidiana, racchiudono un lavoro di scrittura particolarmente attento ed elaborato. I ritmi comici, ogni pausa ed esitazione porta il segno di una spontanea immediatezza dietro la quale si cela senza mai apparire la pesantezza e l’attenzione di una articolazione creativa. Probabilmente Scoop non verrà annoverato tra i film migliori di Allen, eppure grazie ad una raffinata comicità da cabaret, alla scoperta di un territorio da cui trarre nuove sensazioni, lo spirito di questa regia ne esce vivificato e vitale, dando la speranza di aver ritrovato un autore.

di Tiziana Morganti