Si è spento a 69 anni dopo lunga e, più o meno, onorata carriera il Festival della canzone italiana. Trasformato in macchina per far soldi dai nuovi rampanti manager gestori, affidato alle mani di autori privi di fantasia, a conduttori imbarazzati che affogano tra gag senza senso, soprattutto comico, che ne hanno sancito la fine. Fine di quella kermesse della canzone di antica memoria, che puntava i riflettori solo sulle esibizioni dei cantanti di brani nostrani, stimolati da una sana sfida contro l’eliminazione. Belli i giochi di luce che hanno ravvivato lo spoglio palco orfano di fiori, la scala-trampolino con gradini retrattili per portare sulla scena i conduttori, le prime file della platea che si aprono per allargare lo spazio delle esibizioni.

La prima serata fiume salvata solo dagli emozionanti duetti tra il “dirottatore” Baglioni e professionisti veri e accattivanti come Bocelli e Giorgia.
Penosi i siparietti sui musical di Virginia Rafaele travestita da Mary Poppins, un improbabile Pierfrancesco Favino-Mercury (che torna, non si sa perché, sul luogo del misfatto della scorsa edizione) e uno stuolo di suore in ricordo di Sister Act. Vergognoso l’omaggio al grande Quartetto Cetra per il quale hanno scomodato anche il bravo attore e musicista Claudio Santamaria costretto a fare versi animaleschi in ricordo della Vecchia Fattoria.
Non contenti gli organizzatori del lavaggio del cervello perpetrato per mesi contro i telespettatori, con spot partoriti da menti deficienti(dal latino deficere!) di qualsiasi barlume di comicità, hanno partorito una insipida macedonia di stacchetti che dovevano aiutare a reggere la lungaggine di ben 24 esibizioni all’insegna, salvo qualche salvifica eccezione, di brani dai testi volutamente arzigogolati spacciati per profondi dei giovani rapper che hanno invaso il palco.

Unico momento esilarante quando la sempreverde Paty Pravo, in veste fiammeggiante da bambola orientale con capigliatura da bionda medusa assediata dai drade, impalata col suo socio davanti al microfono in attesa della musica che non partiva, si è chiesta se l’avessero invitata a cantare o a fare una passeggiata.
Meglio una passeggiata che assistere allo scempio di uno spettacolo da salvaguardare proprio perché antico, snaturato in tutt’altra cosa.