Seguire le prescrizioni del proprio medico di famiglia non sempre fa bene alla salute. Lo denuncia senza mezzi termini il film Il venditore di medicine, ben scritto e diretto da Antonio Morabito e ben interpretato da Claudio Santamaria. Un bel film a tinte gialle, asciutto e coinvolgente, da seguire col fiato sospeso fino alla fine. Che mostra come gli agguerriti “piazzisti” delle multinazionali del farmaco convincano i nostri dottori di base e pure i primari ospedalieri, con sistemi truffaldini e costose regalie, a prescrivere ai  pazienti i loro prodotti non sempre all’avanguardia, ma che faranno lievitare i loro già milionari fatturati. La salute per fare profitto e non per tutelarla, anche di fronte a malattie mortali come il cancro. Bravissimo Santamaria nei panni del rappresentante incalzato dalla spietata capo-area, un’efficacissima Isabella Ferrari. Coinvolto nel cast anche il caustico giornalista Marco Travaglio, qui nei panni dell’integerrimo primario ospedaliero che rifiuta sdegnato il chemioterapico propostogli, dagli effetti incontrollabili. Ma essendo la conquista di questa corposa ordinazione l’ultima spiaggia per il rappresentante Bruno a rischio licenziamento, si scatenerà una caccia al ricatto degna di una spy story made in Usa. Rischierà pure la galera per procurare di contrabbando un farmaco salvavita a un suo carissimo amico che, facendo la cavia per la sperimentazione di nuove medicine, ha contratto una malattia incurabile.
Per quanto non sia un mistero che la lobby delle medicine (quarto fatturato mondiale) non risparmi nel distribuire costosi omaggi e corsi di aggiornamento medico in amene località vacanziere, il film non finisce di stupire e indignare per l’ aberrante quadretto che mette in luce, insieme al cinismo umano di fronte al denaro. L’unico medico serio (Ignazio Oliva) che reagirà indignato alle subdole offerte del venditore, uscirà sconfitto dal tribunale.
Inutile dire le difficoltà incontrate dall’autore per far finanziare il film. Persino una grande banca, solitamente prodiga con il cinema, non ha voluto sponsorizzare un’opera che mette alla gogna la potente lobby farmaceutica.
“Siamo andati dietro alla verità, Antonio Morabito ha vissuto l’esperienza sulla sua pelle” racconta Amedeo Pagani, che ha curato la sceneggiatura col regista e con Michele Pellegrini. “Siamo partiti dall’osservazione della realtà – conferma il regista -, mio padre era seriamente malato e mio malgrado mi sono dovuto occupare di reperire un farmaco.  Ho frequentato molti informatori scientifici e unendo i tasselli ho visto ciò che poi ho messo nel film. Non è un documentario, né un’inchiesta – precisa Morabito -, ma un film molto secco, senza pietismo”. Il suo punto di riferimento, ammette, sono i film denuncia di Elio Petri, ma con un taglio molto diverso.
Il perché un tema così scottante sia poco affrontato in tv lo spiega Travaglio. “Perché le case farmaceutiche investono milioni in pubblicità – sostiene il giornalista -. E per non spaventare la gente, spesso imbottita di pillole solo per aumentare il fatturato. Il film rompe un tabù, è dal Medico della mutua con Sordi del ’68 che il cinema non toccava questo tasto, fa capire le aberrazioni della crisi dove ognuno deve difendere il proprio orticello. Nella realtà ci sono mostri ancora più mostri – accusa -, che sperimentano sui bambini”.
Poco affidabili, sostengono, anche le riviste scientifiche finanziate dalla potentissima lobby, che possono pubblicare ciò che vogliono.
“Il film racconta anche l’alienazione di un lavoro in cui devi a tutti i costi primeggiare, ha anche una valenza sociale e politica, affronta la corruzione in maniera per nulla edulcorata –  aggiunge Isabella Ferrari -. Il mio personaggio non mi fa pena, mi spaventa, è una carogna totale. Ho incontrato qualche capo area, molti sanno ma nessuno parla”.
“E’ una storia umana molto forte, raccontata attraverso un piccolo uomo – sottolinea Santamaria-. Io rappresento l’ultima ruota dell’ ingranaggio, scoprirò sulla mia pelle che il sogno del successo, del potere è un’illusione. Mi fa molta pena, anche lui è una sorta di cavia umana”.