La “Compagnia Stabile Assai”, il più antico gruppo teatrale penitenziario italiano, esce dal carcere romano di Rebibbia per mettere in scena dal 25 al 28 aprile al Teatro Golden di Roma La fine all’Alba, diretta da Francesco Cinquemani.

Un’opera noir e crepuscolare scritta da Antonio Turco (fondatore della compagnia e educatore dei detenuti in carcere), ambientata all’interno di una banca dove si sono asserragliati 5 rapinatori con ostaggi il direttore della banca, una ragazza affascinata da uno dei rapinatori e un signore anziano che era andato a chiedere un mutuo. La consapevolezza che quella potrebbe essere la loro ultima notte produce nei banditi complesse riflessioni sulla propria esistenza, nella ipotetica e sofferta scelta tra l’ergastolo, e quindi il ritorno in carcere, e la morte. Ognuno dei rapinatori non ce l’ha fatta a vivere nella normalità ma tra i cinque personaggi c’è un infiltrato… e l’epilogo è alle porte.
Nel carcere,  il teatro è uno strumento di speranza e redenzione. Con queste prospettive di cambiamento è stata messa in piedi da oltre trent’anni l’unica compagnia che mette in scena testi inediti basati sulle esperienze dei detenuti,  il cui organico è composto proprio da persone che tuttora stanno scontando pene severe, la maggior parte legate a reati di mafia, camorra e ndrangheta.
Di questa prima pièce “integrata”, nella quale gli stessi detenuti si intrecciano in veri e propri ruoli drammatici, fanno parte non solo i componenti storici della Compagnia (tra cui Cosimo Rega e Giovanni Arcuri, protagonisti del premiato film Cesare deve morire dei Fratelli Taviani) ma anche figure femminili legate al mondo del carcere  (la psicoterapeuta Sandra Vitolo, la didattico terapeuta Patrizia Spagnoli, che lavora nel carcere di massima sicurezza di Spoleto e Patrizia Patrizi, ordinaria di psicologia sociale dell’Università di Sassari),  attori professionisti come Deborah Bertagna e Mario Zamma e Rocco Duca, per anni unico esponente della polizia penitenziaria a salire sul palco insieme ai detenuti, per l’occasione in scena col collega Franco Iaconi. Un esempio di identificazione sociale atto a dimostrare che il teatro può essere anche uno strumento di relazione collettiva tra i detenuti e la comunità esterna
La Compagnia, che esordì nel 1982 al Festival Internazionale di Spoleto, ha collezionato riconoscimenti come la Palma d’Eccellenza del Premio Cardarelli (2007), il “Premio Troisi” (2011) e la medaglia d’oro del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per la valenza artistica della sua opera sociale (2013). Sulla sua storia è stato realizzato Offstage, un film documentario con particolare riferimento alle esperienze di cinque detenuti, condannati a lunghe pene o ergastolani, che dall’esperienza teatrale hanno saputo trarre nuova linfa per reinventarsi e crearsi anche una cultura: Cosimo Rega, esponente di spicco negli anni Settanta della camorra nell’agro nocerino sarnese; Giovanni Arcuri, il “ponte” di Pablo Escobar e dei trafficanti latino-americani del cartello di Medellin; Aniello Falanga, camorrista appartenente al “clan Alfieri”; Renzo Danesi, appartenente al gruppo storico della Banda della Magliana e Salvo Buscafusca, legato alla potente cosca di Pippo Calò. Le loro vicende individuali esemplificano la storia criminale che ha segnato il nostro paese; eppure, da questi passati criminali i cinque hanno potuto riscattarsi interpretando sul palcoscenico se stessi o storie a loro prossime, vivendo uno sdoppiamento e una presa di distanza dal proprio vissuto trascorso.
Francesco Cinquemani, alla sua prima esperienza teatrale, li ha diretti anche nel lavoro cinematografico che arriverà nelle sale a settembre. “L’esperienza con gli attori-detenuti è nata lavorando con loro un anno per il documentario – racconta -. Ho scoperto che tra loro ci sono grandi talenti, dotati di una bella sensibilità artistica. Il passaggio dal cinema al teatro è stato rischioso ma ho cercato di portare sul palcoscenico un tipo di linguaggio e di recitazione sperimentale,  basata su una base maggiormente realistica rispetto ai canoni declamatori e personalizzandola con un prologo ed epilogo teatrali ed una graduale stilizzazione a livello di colori e registri interpretativi”. Lo spettacolo si avvale anche di un’integrazione musicale dal vivo con un quintetto formato dallo stesso autore Antonio Turco (chitarra e voce), Roberto Turco (chitarra classica, basso e voce), Lucio Turco (batteria), Paolo Tomasini (sax baritono) e Barbara Santoni (voce), che interpreta brani intrinsecamente legati al testo – da Ben Harper a Bob Dylan, da Natural Woman a Proud Mary – impostandoli come una vera e propria colonna sonora che accompagna le azioni della pièce.