Il Teatro Strehler con il suo Sagrato, il Teatro Studio Melato, il Parco Sempione, la Triennale di Milano – Teatro dell’Arte, l’Auditorium San Fedele, lo Spazio Oberdan e la Cascina Cuccagna ospiteranno dal 4 al 14 settembre il Milano Film Festival con film e ospiti da tutto il mondo. La diciannovesima edizione, diretta da Alessandro Beretta e Vincenzo Rossini, pone attenzione ai nuovi talenti e alle più coraggiose cinematografie internazionali, sotto il segno della ricerca di nuove forme e linguaggi del fare cinema contemporaneo. In programma circa 200 pellicole, tra anteprime internazionali, opere non distribuite in sala e incontri con i talenti emergenti.

Nel Concorso Lungometraggi 10 film, tra cui per la prima volta due italiani: Comandante del giovane regista milanese Enrico Maisto, un documentario che parla di amicizia e di urgenza politica e Le Sedie di Dio di Jérôme Walter Gueguen, sulle rocambolesche avventure di un’equipe internazionale di cinema alle prese con un film franco-italiano impegnato socialmente. Il pluripremiato Forma di Ayumi Sakamoto, esordio alla regia della regista giapponese assistente di Shinya Tsukamoto; il messicano Navajazo di Ricardo Silva, un’apocalisse immaginaria dove i protagonisti sono uniti dalla lotta per la sopravvivenza; Patardzlebi (Brides) di Tinatin Kajrishvili; Plemya (The Tribe) dell’ucraino Myroslav Slaboshpytskiy, primo film di fiction girato interamente da giovani attori sordomuti nella Lingua dei Segni; Zeit der Kannibalen (Age of Cannibals) di Johannes Naber; Brooklyn di Pascal Tessaud, interpretato dalla cantante e ballerina KT Gorique con giovani performer che raccontano la propria realtà quotidiana nella banlieu; Somos Mari Pepa del messicano Samuel Kishi, che rende omaggio al quartiere in cui è cresciuto e alle tante formazioni rock, fallimentari, in cui ha militato; Were Dengê Min (Come To My Voice) del turco Hüseyin Karabey, un viaggio nella coscienza di un paese e delle sue minoranze etniche, i curdi soprattutto.

Nel Concorso Cortometraggi, tra i 58 film selezionati, Beauty di Rino Stefano Tagliafierro; Smile, and the world will smile back di Ehab Tarabieh, Yoav Gross e la al-Haddad Family, sull’incursione delle milizie israeliane nell’abitazione di una famiglia palestinese; Boring Angel di John Michael Boling; Dieu et les chiens di un gruppo di filmmaker riuniti nel collettivo Abounaddara portavoce di quanto sta accadendo in Siria dall’inizio delle manifestazioni contro il regime di Bachar el-Assad; Cambodia 2099 di Davy Chou sulle elezioni a Phnom Penh; Grand canal di Johnny Ma, evocativo della Cina degli anni Ottanta, ancora non completamente soggetta alla modernizzazione; La baracca di Alessandro De Leo e Federico Di Corato; Coda di Alan Holly, in animazione classica 2D; Flora i fauna di Piotr Litwin, esordio rigoroso dalla Polonia ma non privo di ironia; The Age of Rust sul difficile rapporto tra uomo e natura di Alessandro Mattei e Francesco Aber.

Ad affiancare l’ampio programma i 14 film della sezione The Outsiders, Arrête ou je continue di Sophie Fillières, con Emmanuelle Devos; Corpo a Corpo di Mario Brenta e Karine de Villers sulle prove dello spettacolo Orchidee di Pippo Delbono; Doc of the Dead di Alexandre O. Philippe,; Watermark di Jennifer Baichwal e Edward Burtynsky, sul fondamentale ruolo dell’acqua nella formazione delle popolazioni del mondo; From Deep di Brett Kashmere, video-saggio sull’evoluzione parallela di basket e hip hop dagli albori a oggi con protagonista Michael Jordan; Hai paura del buio ? di Giorgio Testi, sul concerto dell’ultimo tour degli Afterhours; Aimer, boire et chanter, l’ultimo film di Alain Resnais su un testo teatrale di Alan Ayckbourn, Life of Riley; Amour Fou di Jessica Hausner, sullo scrittore e poeta tedesco Heinrich von Kleist; Freak Out di Carl Javér sulla nascita di Monte Verità ai primi del ‘900; Geronimo di Tony Gatlif, sulla cultura gitana; Io sto con la sposa di Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande e Khaled Soliman Al Nassiry, sulle politiche dell’immigrazione; Live and Let Live di Marc Pierschel su storie di vita vegana “possibili”; Purple Rain di Albert Magnoli, film cult del 1984.

Tra gli 11 film della rassegna Colpe di Stato Children 404 di Pavel Loparev e Askold Kurov, sulla situazione in Russia dopo la legge anti-propaganda gay di Putin del 2013; Life in Paradise – Illegals in the Neighbourhood di Roman Vital, sui centri per richiedenti asilo politico in Svizzera; Les Messagers di Hélène Crouzillat, sui migranti scomparsi; We Come As Friends di Hubert Sauper su schiavitù, colonialismo e globalizzazione e sulla sanguinosa guerra civile nel Sud Sudan; The Agreement di Karen Stokkendal Poulsen, sugli uomini che lavorano dietro le quinte della politica internazionale; Red Army di Gabe Polsky sull’invincibile squadra di hockey CSKA Moscva; Same River Twice di Effi Weiss e Amir Borenstein su Israele e gli israeliani, non in tempo di guerra ma in vacanza; Fino in fondo di Alberto Badas e Tomaso Mannoni, sulla lotta degli operai sardi del Sulcis; Fort McMoney di David Dufresne, un “documentary game” in cui è lo spettatore in sala a decidere come far proseguire il documentario; Life sentences di Nurit Kedar e Yaron Shani, su Nimer Ahmed, figlio del terrorista Fauzi al Nimer e di una donna ebrea; Cher Hassan, cortometraggio di Axel Salvatori-Sinz sul campo profughi palestinese a pochi chilometri da Damasco, distrutto dai bombardamenti del regime di Assad. In programma anche una master class col documentarista di denuncia Eugene Jarecki con una selezione dei suoi lavori più importanti, fra cui i vincitori del Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival (Why We Fight, 2005, e The House I Live In, 2012).

E ancora, un tributo all’opera del maestro ceco Jan Švankmajer, una delle figure più rivoluzionarie del cinema e dell’arte contemporanea, nei giorni del suo ottantesimo compleanno.
A 25 anni dalla caduta del muro di Berlino, del sistema ideologico che lo aveva eretto e delle sovrastrutture che erano state prodotte, un focus su quel periodo con Anderson di Annekatrin Hendel, stella della letteratura tedesca negli anni Ottanta e collaboratore segreto della Stasi; Les Ponts de Sarajevo, in occasione del centenario della Grande Guerra; Happily Ever After di Tatjana Bozic, e The Bucureşti Experiment, sulla popolare cantante dell’era comunista Carmen Anton. A corredare il focus Ponti e confini , riflessioni su cento anni di Europa.
Infine, uno sguardo sul cinema messicano attraverso una selezione delle migliori produzioni dell’ultimo biennio, tra cui Los Ángeles (2014) di Damian John Harper,; Purgatorio, un viaje al corazón de la frontera (2013) di Rodrigo Reyes, sulla realtà caotica del confine tra Stati Uniti e Messico; Los insólitos peces gato (2012) di Claudia Sainte-Lucei.
Da non perdere lunedì 8 settembre alle ore 20 al Teatro Studio Melato l’anteprima del secondo episodio della web serie «Status» con tre incontri sul mondo delle web series e sulla comunicazione del non profit.