Il piccolo film di Myranda July è arrivato come un vero fulmine a ciel sereno nel panorama dei più prestigiosi festival internazionali. Ottenuta la Camera d’Or a Cannes, due riconoscimenti a San Francisco e lo speciale Premio della Giuria al Sundance, Me and You and Everyone We Know rappresenta un raro miracolo capace d’incarnare tutto ciò che di stimolante ed innovativo potrebbe con maggior costanza rappresentare il cinema indipendente americano. Un’ eccezionalità registrata anche dalla rivista “Filmaker Magazine” che ha introdotto la July tra i venticinque volti dell’anno. Ma al di là di tutto questo clamore pubblicitario dove si nasconde realmente il successo di una pellicola d’esordio come questa? Andando oltre lo specifico di una sceneggiatura che indaga nella quotidianità di vite condotte con bizzaria e scarso senso dell’equilibrio, ciò che realmente rappresenta il quid è l’ottica stessa di Miranda July, la percezione ironica della vita grazie alla quale è possibile trattare argomenti di non facile discussione con una leggerezza che mai si avvicina alla superficialità.

«Vivrò ogni giorno come se fosse l’ultimo». Questa filosofia, questo spirito vitale percorre ogni momento di un film che, con una sorta di inevitabile e sottile allegria, scorre lungo le esistenze di un uomo divorziato (John Hawks) con figli sull’orlo di una evidente crisi di nervi, dell’originale Christine (interpretata dalla July stessa), capace di pregare per un pesce rosso dimenticato sul tetto della macchina, e percorre con delicatezza ma senza alcun timore espressivo e tematico l’iniziazione sessuale di due adolescenti e di un bambino che apprende i primi rudimenti della comunicazione attraverso un approccio su Internet. Dunque un mondo tratteggiato e dipinto in una continua trasposizione tra fantasia e realtà capace d’immergere i suoi protagonisti nella magia e nel surreale senza porre ai margini una vita concreta che non si abbatte come un macigno ma ben si amalgama all’intera situazione. Senza dimenticare il suo grande amore per l’arte (spesso troviamo scene in cui musica e video sono i protagonisti), Miranda July realizza un delicato ed indimenticabile esordio all’interno del quale la sua sensibilità artistica lascia il segno senza alcuna intenzione egocentrica. In fin dei conti, lontana dalla politica delle major, la July incarna l’artista puro grazie al quale un certo tipo di cinematografia potrebbe affrancarsi e rivitalizzarsi. Una speranza, un nuovo linguaggio che il cinema americano dovrebbe cogliere per rinvigorire la sua fonte espressiva.

di Tiziana Morganti