Il premio Oscar Robert De Niro torna alla regia dopo tredici anni con un film particolarmente complesso incentrato sulla nascita e l’evoluzione della CIA durante gli anni difficili e ambigui della Guerra Fredda. Dalla crisi missilistica di Cuba all’uccisione dei Kennedy la sceneggiatura di Eric Roth, già autore di Munich, ripercorre con meticolosa attenzione la perdita d’innocenza da parte di un’ intera nazione e la nascita di un bisogno quasi paranoico di controllo. Democrazia e nazionalismo sono gli elementi che De Niro utilizza, declinando la vicenda umana dell’agente Edward Wilson ( Matt Demon) totalmente dedita al principio di fedeltà e patria fino al completo annullamento e sacrificio. Eppure nonostante una perfetta e quasi maniacale ricostruzione delle atmosfere e delle situazioni, ottenuta grazie a dieci anni di ricerche assidue, e una regia arguta, pulita, dallo stile classico e lucido, il film sembra mancare di un anima forte capace di coinvolgere completamente nella vicenda, cadendo in alcune banalità tematiche. Pur soffermandosi con dettaglio sulla fallita invasione di Cuba, l’ottica generale sembra bissare su una effettiva riflessione politica, riproponendo cause ed effetti di eventi diventati storia senza condurre a riflessioni innovative ed inaspettate. E’ pur vero che non era intenzione di De Niro realizzare un film politico, ma quando si tira in ballo un tema scottante come quello delle attività segrete della CIA è d’obbligo avere il coraggio per procedere fino in fondo. Pur se ambientati in due periodi storici diversi e con problemi ed ossessioni internazionali differenti, viene spontaneo un confronto tematico con Syriana. Sorvolando sulla monumentalità di The Good Shepherd, sulle quasi tre ore di dialoghi ben costruiti e significativi, sui continui salti temporali non facilmente gestibili e sull’ottima prova di Damon, il film di Stephen Gaghan ha un impatto intellettuale e politico ben diverso. Sarà per la particolare attualità della problematica ( il Medio Oriente), ma in questo caso il messaggio arriva preciso e ben direzionato. Non si fanno sconti alla realtà dei fatti, non si indora la famosa pillola ma si mostrano chiaramente tutte le falle di un sistema che per troppi anni è rimasto sommerso e sconosciuto. In breve il tema interessa e molto, coinvolge attraverso l’abbattimento di speculazioni storiche e culturali evidenziate dall’11 settembre in poi. I problemi per il film di De Niro nascono proprio da questa mancanza di attualità, o meglio da un utilizzo parziale della verità e da un sentimento di vaga assoluzione nei confronti dell’agenzia a cui si deve l’ascesa di personaggi come Bin Laden e Pinochet. Verrebbe da chiedere a chi potrebbe mai interessare una storia del genere, nonostante la bellezza artistica innegabile di un prodotto tanto ben costruito quanto intellettualmente asettico. Solo se De Niro deciderà di girare i due capitoli successivi probabilmente si avrà la possibilità di arrivare ad una completezza narrativa che, in questo caso, ha ceduto notevolmente il passo alla meticolosità estetica.

di Tiziana Morganti