Il conflitto tra fantasia e realtà affascina sempre il regista Terry Gilliam che anche stavolta l’ha messo al centro del suo ultimo film, L’uomo che uccise don Chisciotte, nelle sale dal 27 settembre dopo un lungo parto durato più di un quarto di secolo. Un fiction visionaria per il grande schermo, un tema ostico da travasare in immagini, che ruota intorno al paladino creato da Cervantes, un sognatore idealista e romantico che non vuole accettare i limiti della realtà.

Per interpretarlo ha scelto Jonathan Price, affiancato da Adam Driver nei panni di un cinico regista di spot pubblicitari che torna nel paesino spagnolo dove da studente girò un film sul cavaliere senza paura e si trova di fronte agli effetti devastanti provocati dalla fugace notorietà data da quella breve esperienza da attori dei suoi abitant. A, cominciare dal ciabattino convinto di essere davvero l’eroe cervantiano alla soave quindicenne Angelica (Olga Kurylenko)diventata un decennio dopo una escort di lusso. E qui il 77enne regista statunitense naturalizzato britannico, ex  Monthy Python, dà la stura alla fantasia, mischiandola con una realtà dai toni barocchi zeppa di personaggi fantastici e mostruosi, tra produttori senza scrupoli (Stellan Skarsgärd) con moglie vamp compiacente (Joana Ribeiro), spietati spacciatori di vodka russi (Jordi Molla) assetati di potere ad ogni costo.

Girata tra Spagna, Portogallo e Fuerteventura nelle Canarie, con molti meno soldi di quanti ruotavano intorno al progetto originario, la pellicola vede la luce dopo sofferti rimaneggiamenti di sceneggiatura che ne hanno trasformato completamente la storia. “Ho continuato a portare avanti questo progetto perché era irragionevole, come me – racconta il regista a Roma per presentare il film -. Il personaggio era pericoloso, non riuscivo a liberarmene. Nel Duemila il film era molto più ambizioso, più epico – spiega -, man mano anche per via dei meno soldi è diventato più intimo, autobiografico, si è scritto praticamente da solo. Tre anni fa l’idea finale: raccontare come i film si ripercuotono sulle persone”.

La scelta di Driver per il ruolo di regista-Sancho Panza è avvenuta in un pub londinese. “Era completamente diverso da come avevo immaginato il protagonista, un non attore, ci siamo subito piaciuti”. Al momento dice di non avere idee da sviluppare in un nuovo progetto ma, spiega: “I miei sogni non sono mai ripetitivi, come la vita, non ci rinuncerei mai, ci resto aggrappato. Le idee continuano a esistere, come la fantasia”. Staremo a vedere cosa ne scaturirà, la prossima volta.