Un viaggio nel tempo e nella storia ripercorrendo la grande rivoluzione del mondo della fotografia, reso possibile dalla spettacolare mostra I Grandi Maestri. 100 Anni di fotografia Leica aperta fino al 18 ottobre al Complesso del Vittoriano-Ala Brasini di Roma, prodotta e organizzata dal Gruppo Arthemisia e Contrasto, interamente dedicata al cambiamento prodotto dalla Ur-Leica, la prima fotocamera per il formato da 35mm. Un nuovo apparecchio piccolo, compatto, maneggevole, in grado di seguire il fotografo ovunque, offrendogli innumerevoli nuove forme di espressione, consentendogli di riprendere in modo diverso la realtà, esposto al Vittoriano insieme ai successivi figli, nipoti fino ai più recenti pronipoti digitali prodotti dall’azienda tedesca di Wetzlar, nell’ Assia.

Per renderci partecipi, passo passo, di questo cambiamento che va dalla nascita della prima fotocamera Leica fino alle più recenti visioni, il curatore della mostra Hans Michael Koetzle ha messo insieme oltre 350 stampe d’epoca originali, di celebri fotografi come Henri Cartier-Bresson, Garry Winogrand, Gianni Berengo Gardin, René Burri, Thomas Hoepker, Bruce Gilden, Christer, Stromholm, Bruce Davidson, F.C. Gundlach, Fred Herzog, William Eggleston, Robert Capa, Salgado, Elliott Erwitt, Piergiorgio Branzi, Paolo Pellegrin, Valerio Bispuri, Lorenzo Castore, arricchite da documenti, libri, filmati storici, locandine vintage, che formano un ampio caleidoscopio delle tendenze fotografiche e degli sviluppi degli ultimi dieci decenni attraverso i ritratti in bianco e nero di paesaggi, persone, movimenti politici, reportage di guerra, star del cinema come Melina Mercuri, Pasolini, un De Sica dormiente.

La geniale intuizione di Oskar Barnack, che nel 1914 mise a punto il primo esemplare avvolgendo intorno a due rullini di pellicola una striscia metallica inserendo poi un fondo e una copertura, all’inizio non ebbe vita facile. Solo nel 1924 l’ottico Enrst Leitz per cui Barnack lavorava decise di lanciare sul mercato questa macchina fotografica compatta che da lui prese il nome di Leica (Leitz Camera). Si abbandonava l’idea della macchina a soffietto per un apparecchio a pellicola completo di piano focale dentro un involucro metallico di dimensioni ridottissime. Tutto questo in un periodo in cui in Germania imperversava l’inflazione, i mercati internazionali erano distrutti dalla guerra e il costo di un esemplare, 300 marchi, equivaleva a più del doppio di uno stipendio medio. Ma divenne comunque sinonimo di una nuova era della fotografia. E anche nell’epoca del digitale, della comunicazione più veloce della luce, la fotografia classica, immobile, come dimostrano gli esemplari in mostra a Roma, non ha perso nulla del suo fascino.