“Essere studenti non è un diritto, è un privilegio”. Lo dichiara con fermezza ai suoi indisciplinati alunni Robert, rigido insegnante di tedesco in un liceo sloveno come tanti. In un sistema didattico fragile, il professore ha solo una colpa: avere certezze. Col suo arrivo innescherà un violento corto circuito, didattico e umano, con i ragazzi.
Lo racconta con tono lucido e asciutto il ventinovenne regista sloveno Rok Bicek nel bellissimo e già pluripremiato film Class Enemy , che da noi uscirà il 9 ottobre, grazie alla lungimiranza della Tucker film. Purtroppo solo in una ventina di sale, intasate dalle centinaia di copie delle insulse, becere, inguardabili commediole nostrale su cui puntano distributori, sperando di fare bingo al botteghino.
Questa ottima pellicola è comunque candidata al Lux, il premio assegnato dal Parlamento Europeo per favorire il dibattito pubblico sull’integrazione e facilitare la circolazione dei film all’interno dell’Unione. Un film assolutamente da non perdere, se siete studenti, insegnanti, genitori, o comunque persone con la voglia di discutere sui rapporti tra adulti e nuove generazioni, sulla deriva presa dalla scuola, in tutta Europa, sulla solitudine che offusca l’animo dei ragazzi rendendoli tristi, violenti, assenti.
Bicek si è ispirato al suo insegnante di matematica (qui interpretato dallo straordinario Igor Samobor, superstar del cinema sloveno), al suo liceo di Lubiana (dove ha effettuato le riprese), a una tragica storia realmente accaduta. “Il film ha diverse chiavi di letture – spiega, presentando la pellicola a Roma -. La classe è il ring dove si svolge la lotta generazionale. L’ottanta per cento di quel che si vede è realmente accaduto. L’incomunicabilità – sottolinea – è sicuramente il nucleo, il detonatore di Class Enemy. L’eruzione vulcanica che poi mette a nudo le paure e le frustrazioni nascoste sotto la pelle della società europea”.
Quando un tragico evento devasta gravemente gli equilibri, il dolore dei ragazzi si traduce in rabbia che, alimentata da interrogativi esistenziali troppo difficili da affrontare, si traduce in una feroce caccia al colpevole. Una scorciatoia emotiva che impatta fatalmente contro il nuovo professore: il colpevole perfetto. Come finirà la guerra? Cosa porterà e quanto costerà, a ciascuno, quell’atto di cieca ribellione?
“Insegnanti autoritari, severi, sono necessari per farti crescere – ammette Bicek -, oggi in Slovenia non ce ne sano quasi più. Il prof che ha ispirato il film è stato il mio incubo per due anni per quanto era rigido, ma mi ha preparato alla vita, è stato il migliore che abbia mai avuto”. Il regista invita chi vedrà il film a prendere una posizione “Difficilmente ci sarà una risposta – ammette -, non è tutto bianco o tutto nero come i politici vogliono farci credere”.