Applausi scroscianti per Sean Penn ed il suo Into The Wild. L’intensità emotiva della storia ispirata al bestseller Nelle terre estreme di Jon Krakauer, la bellezza di una natura che allo stesso tempo è sfida, madre accogliente e prigione all’interno della quale raggiungere l’essenza di una lucidità interiore, danno vita ad una alchimia volta a creare un percorso cinematografico realmente indimenticabile. Ispirato dalla vicenda di Christopher McCandless, scomparso volontariamente alcuni giorni dopo essersi laureato, Sean Penn dimostra di aver acquisito uno sguardo capace di scavare nelle profondità dell’animo umano con una spietatezza quasi dolorosa puntando i riflettori su di una introspezione costruita step by step lungo gli angoli polverosi di un’ America dai paesaggi inconsueti quanto struggenti. “ Ricordo di aver letto il libro tutto d’un fiato per ben due volte prima di andare a letto – dichiara Penn– Poi il giorno dopo mi sono messo subito al lavoro per cercare di ottenere i diritti. Mi sembrava una storia indimenticabile e profondamente cinematografica sia per i personaggi che per le ambientazioni.” La gestazione di questo film è durata ben dieci anni, esattamente il tempo che i McCandless hanno chiesto per sentirsi effettivamente pronti a raccontare la particolare vicenda del loro unico figlio maschio. Un periodo in cui Penn è rimasto profondamente vicino alla famiglia e che gli ha permesso di avere una visone più completa ed intima sull’emisfero privato di Chris. A beneficiare di questo rapporto così intenso lo stesso Emile Hirsch, , uno dei talenti emergenti più interessanti di questi ultimi anni, che, grazie anche ai racconti di Corinne, sorella di Chris, costruisce un on the road fatto di spazi aperti, sfide costanti come un moderno Kerouac tratteggiando il profilo di un uomo tormentato e deciso a rintracciare una sua unicità.

“ Corinne mi ha fatto capire più di ogni altro chi fosse suo fratello. E’ stato come scoprire il centro, il cuore e l’amore di questo giovane uomo.” Certo il prezzo da pagare per ottenere la libertà potrebbe essere molto alto, ma ciò che si abbandona non è lontanamente paragonabile all’immensa ricchezza umana che si guadagna. “ Sono due gli elementi che mi hanno colpito di questa storia. –continua Penn particolarmente affaticato dopo una serata di festeggiamenti – Da una parte c’è la fuga dalle aspettative degli altri, dai legami famigliari, dal modo in cui tutti ti vedono. Dall’altra c’è la ricerca di un luogo in sintonia con il proprio animo. Un ricerca che porterà alla libertà completa.” Ed ancora: “ Non credo nei pregiudizi di sangue che ti obbligano ad avere uno sguardo più benevolo nei confronti dei tuoi famigliari. Tutto si deve guadagnare ed ogni individuo deve essere pronto a fare qualunque cosa sia necessaria per cambiare pelle e conquistare una vita che gli appartiene veramente.” Lontana dalla realtà delle grandi città, dimentico di un mondo fatto di violenza artificiale, la vibrante fotografia di Eric Gautier immortala le ancestrali regole di una natura che vive attraverso una spietatezza a volte poco comprensibile ma mai contestabile. Un ambiente esterno che, tra il caldo torrido del deserto ed il freddo glaciale dell’Alaska, ha messo a dura prova l’intera troupe pesantemente provata da un diario di lavoro durato ben otto. Solamente Penn, con la forza della sua ostinazione, sembra essere uscito indenne dall’avventura quanto mai convinto della necessità di questa esperienza. “ Sono assolutamente innamorato della regia – conclude – Lavorare è come scegliere un partner che ti accompagnerà nella vita. Ti conviene scegliere bene altrimenti ti troverai in trappola.”

di Tiziana Morganti