“La vita negli Oceani”, dal 5 giugno al cinema

«Bisogna creare riserve marine per proteggere l’ecosistema. E la vita riparte». Lo sostiene Jacques Perrin che con Jacques Cluzaud ci porta alla scoperta delle meraviglie del mare con il fantastico documentario La vita negli Oceani, al cinema dal 5 giugno (Giornata Mondiale dell’Ambiente) doppiato da Neri Marcorè, distribuito da Paco Pictures in 35 sale del circuito The Space e nella serata di chiusura del Festival CinemAmbiente di Torino.

Un’ emozionante e suggestiva immersione tra le cristalline (per ora) acque oceaniche, al fianco di migliaia di specie animali, molte sconosciute, di ogni taglia e colore, belle, brutte e buffe. Dopo averci guidati in volo tra le piume del Popolo migratore, gli autori ci fanno viaggiare nel profondo degli abissi insieme a un branco di tonni a caccia di sardine, tra i tuffi acrobatici di un gruppo di delfini, al fianco di un grande squalo bianco, tra le balene, in mezzo alle tempeste marine, dalle banchine polari fino ai caldi mari tropicali passando per le Galapagos, l’Australia, le coste del Sud Africa.

Un docufilm ad alto budget (cinquantotto milioni di euro), ma già venduto in tutto il mondo, che ha richiesto oltre quattro anni di riprese in 60 paesi, due registi, diciotto troupe con i migliori professionisti in team con esperti militari dell’esercito francese, strumenti all’avanguardia, spesso creati appositamente per queste eccezionali riprese. Un totale di 450 ore di girato, le cui immagini sono state armonizzate dal direttore della fotografia Luciano Tovoli, storico collaboratore di Perrin. Protagoniste più di 200 specie animali (nel documentario di un’ora e 40′ ne appaiono 80) tra cui granchi, capodogli, mante, squali, balene, krill, code di rospo, meduse, foche, tartarughe e pinguini. Non solo per testimoniare la straordinaria biodiversità marina, ma anche per salvaguardare un mondo in pericolo popolato da molte specie a rischio di estinzione. «I costi sono stati mostruosi, ma non ci fermiamo» dice soddisfatto Perrin (che ora sta lavorando al racconto del cambiamento climatico come viene percepito dagli animali) presentando il documentario all’Ambasciata di Francia a Roma. «Faccio questi film per ricordare quanto sia importante difendere i territori selvaggi che ancora esistono nel pianeta, e fra questi il principale è il mare. Nonostante le minacce dell’uomo all’ecosistema, ancora resiste».

Per Perrin, attore preferito di maestri italiani da Zurlini a Tornatore con più di cento film al suo attivo, il cinema è un’arma valida per far passare certi messaggi allo spettatore, attraverso le emozioni. «Per esprimere la vita c’è bisogno di catturarne il movimento – dice convinto -, non si possono studiare gli animali nei musei, bisogna andare alla loro stessa velocità. Non abbiamo usato teleobiettivi né zoom, solo il grandangolo. Abbiamo costruito uno studio in superficie con carrelli, luci, telecamere. I delfini sono stati ripresi con una  sorta di dolly attaccato ad un gommone». «La tempesta – aggiunge  Tovoli – è stata girata grazie alle tecniche militari di stabilizzazione dell’elicottero, con il  cameraman che girava appeso all’esterno con un vento di 100 Km orari». «Abbiamo fabbricato cineprese a forma di siluro che venivano trainate dai motoscafi e trasmettevano le immagini attraverso fibre ottiche – continua Perrin -. Per far avvicinare i pesci abbiamo aggiunto odori, colori, uno specchio. E loro, vinta la diffidenza iniziale, venivano a vedere questo strano animale». Tenerissima l’immagine finale di una mamma tricheco che insegna a nuotare al figlioletto e se lo coccola stringendolo al seno.