“Sono rimasto un ragazzo che fa ancora delle cazzate”. E’ ironico e lucido come sempre Franco Zeffirelli, malgrado gli acciacchi dell’età che, a 91 primavere suonate, lo costringono a muoversi su una sedia a rotelle. Ai suoi occhi vigili non sfugge alcun particolare dei giornalisti che accoglie nella sua splendida dimora romana sull’Appia Antica, immersa tra lussureggianti piante di cedri, aranci, limoni, straripante ricordi e immagini dei grandi, attori e potenti, che hanno costellato la sua intensa e ricca vita.

L’occasione è la presentazione del suo nuovo libro Francesco, sul Santo di Assisi, edito da De Luca, illustrato con le splendide foto del suo film girato nel 1971 “Fratello Sole, Sorella Luna”, che l’artista toscano ha voluto dedicare al Papa. Zeffirelli, con in braccio la tenera, inseparabile cagnolina Dolly, guardato a vista dall’ingelosita cagnetta Blanche, spiega il perchè. “Stavo attraversando un periodo della mia vita colmo di incertezze su cosa amare e a cosa dedicare i miei dubbi, quando la decisione della Chiesa di eleggere come nuovo Papa Bergoglio, un personaggio fino allora poco conosciuto, mi ha colpito profondamente, soprattutto la sua decisione inaspettata di scegliere il nome di Francesco per il suo pontificato. Ho ritrovato a poco a poco quella certezza e quella fiducia che sono l’essenza dello spirito francescano con cui ho vissuto tutti i giorni della mia vita”.

Nelle 126 pagine del libro ci sono la scheda e le splendide immagini del film con tutti i protagonisti, la prefazione di Francesco Alberoni, la recensione critica del film di AnnaMaria Piacentini con la premessa di Padre Fortunato e dello storico Don Felice Accocca, che sottolineano come, grazie al film, intere generazioni si formarono un’idea del santo poverello e molti giovani, a cavallo degli anni ’70, scelsero la tonaca.

Zeffirelli parla a ruota libera, con un filo di voce, ma lucidissimo nei ricordi e nell’analisi del presente, sotto lo sguardo di star e capi di stato stipati, in fila,  in belle cornici che rivestono le pareti e gli antichi mobili della villa.  “In mezzo a queste memorie è come entrare in una cappella – sottolinea ironico il padrone di casa -. Un brano importante della mia vita che ho creato insieme a loro”. Colpisce la sua immagine giovane col “gonnellino” scozzese di fronte all’ ancor più giovane regina Elisabetta (casualmente presente a Roma proprio in queste ore per incontrare il Papa), che lo onorò dell’ambito Ordine della Giarrettiera. “I miei ricordi sono incredibili – continua il Maestro -, li ho riuniti tutti qui per credere che ho vissuto davvero con questi straordinari personaggi che, scomparendo, lasciano dietro una scia molto bella”. Diversa dai protagonisti di oggi. Attori di quel calibro lui non ne vede più. Per non parlare dei politici e della cultura. Il suo giudizio è feroce: “I teatri alla Scala, l’Opera di Roma hanno aperto le porte agli straccivendoli – si rammarica -. Non fatemi pensare alla politica italiana, svengo”. Spera nel colpo di coda di Renzi: “Stiamogli accanto – invita -, ha scansato tanti pericoli ma non è ancora arrivato al nocciolo del male”. Teme per la sua città: “Firenze è troppo importante per diventare un villaggio di cialtroni, si può fare di più”. Il suo chiodo fisso è da sempre fare un film su Michelangelo. “Avevo pronte sei o sette sceneggiature ma i produttori non hanno avuto coraggio – racconta -, è mancata la risonanza culturale del cinema italiano sul ‘400”. Non vede un suo successore, come non ha visto il film Oscar “La grande bellezza” di Sorrentino…”Chi?”.

Rimpianti  non ne ha. “Sarei molto ingiusto – ammette -, ma avrei voluto veder fiorire quella cultura oggi sovrastata da troppi marasmi. I giovani avrebbero talento ma si rifugiano nella massa, c’è troppa confusione, il dilettantismo profana tutti i mezzi d’espressione, ma i talenti ci sono, l’Opera lirica si fa strada”. E a tal proposito la sua storica produzione de La Bohème di Giacomo Puccini, approderà in HD nei cinema italiani (elenco sale su www.grandestagionelive.it) in diretta satellitare dal teatro Metropolitan Opera di New York martedì 8 aprile alle 19.30. Affidata a un cast di giovani star tra cui il tenore italiano Vittorio Grigòlo (Rodolfo) e il soprano rumeno Anita Harting (Mimì), diretti da Stefano Renzani, con ottanta coristi, cento figuranti, tra cui trentacinque bambini. “Il mio è un teatro di rispetto assoluto dell’autore e dei diritti degli esecutori – spiega Zeffirelli -, che sono carne viva e non idee vaghe”. Questo omaggio internazionale al più grande regista d’opera lirica, all’inestimabile valore della sua produzione, potrà essere apprezzato in tutto il mondo grazie alla trasmissione live in oltre 2000 sale cinematografiche di 66 nazioni.
Al momento del commiato Zeffirelli è stanco, ma felice della nostra incursione. Augura a tutti di “superare la stronzaggine imperante”. Come dargli torto!