Quattro supereroi “de noantri”, scombussolati dall’invasione dei nazisti nella Roma devastata dalla Seconda Guerra Mondiale. Intorno a loro ruota “Freaks Out” il secondo film partorito dalla fervida immaginazione di Gabriele Mainetti, nelle sale dal 28 ottobre con 01 Distribution. Prodotto da Goon Film, Lucky Red con Rai Cinema, con un budget di quasi 13 milioni di euro, questo onirico, poetico kolossal nostrano, interpretato da Claudio Santamaria, la rivelazione Aurora Giovinazzo, Pietro Castellitto e Giancarlo Martini, è stato sceneggiato dallo stesso regista con Nicola Guaglianone. I due autori hanno attinto a manbassa dalle più suggestive scene di film di successo, rielaborate con il prezioso aiuto di spettacolari effetti speciali, per dar vita a un quartetto di patetici “fenomeni da baraccone”. Circensi sdruciti ma dotati di superpoteri che fanno gola agli squadroni di Hitler che tentano di rapirli per usarli a loro vantaggio nei combattimenti. Mainetti ha messo mano (assieme a Michele Braga) anche alla musica, confezionando una suggestiva colonna sonora che in alcuni passaggi ha un vago sapore felliniano. L’ottima fotografia e la fantasmagorica scenografia catapultano lo spettatore nelle magiche atmosfere del film, che però risulta un po’ prolisso nell’interminabile parte finale.

La storia è ambientata nella Roma del 1943: Matilde, Cencio, Fulvio e Mario vivono come fratelli nel circo di Israel con i loro numeri al limite dell’umano. Quando il loro capo scompare misteriosamente, i quattro restano soli nella città occupata dai nazisti. Qualcuno però ha messo gli occhi su di loro, con un piano che potrebbe cambiare i loro destini. Quattro morti di fame (di cittiana memoria) che a un certo punto si librano in cielo, senza però cavalcare le scope dei desicani straccioni miracolati milanesi. Insomma un’insalata mista di avventura, azione, storia, ingegnosamente insaporita da tinte forti, condita di sentimenti teneri come l’amicizia, l’amore filiale, l’accettazione, la tolleranza, potenti come l’odio per la violenza, per il razzismo. Nella prima parte il film ti coinvolge, la magica atmosfera creata dalle luci, dalla fantastica scenografia ti rapisce, poi ti sfianca, per la lunghezza di scene di azione fin troppo viste, che nulla lasciano all’immaginazione. Come un ben videogioco, confezionato a tavolino.