Ci sono incontri che ti cambiano la vita. Lo dimostra Roberto Andò nel film Il bambino nascosto, prodotto da Bibi Film con Rai Cinema, in circa 200 sale dal 3 novembre con 01 . Un film essenziale, toccante, coinvolgente, ispirato all’omonimo romanzo del regista palermitano, con l’eccezionale interpretazione  di Silvio Orlando e del giovane Giuseppe Pirozzi, con Lino Musella e brevi ma determinanti cammei di Roberto Herlitzka e Gianfelice Imparato.
Una storia fatta di silenzi, di emotività, tra un padre  mancato e un figlio praticamente senza padre.

Orlando si cala magnificamente nei panni del silenzioso, colto, solitario professore di musica che ha scelto di vivere in un fatiscente palazzo di un difficile quartiere napoletano. Una mattina, lasciata un attimo aperta la porta al postino, un ragazzino di dieci anni si insinua e si nasconde nel suo appartamento.  Solo a tarda sera scoprirà che l’intruso si chiama Ciro, vive al piano di sopra con la famiglia di camorristi e non vuole spiegargli il motivo della sua fuga. Il maestro di pianoforte deciderà di nascondere questo bambino scontroso e taciturno che si è sottratto a un destino già scritto. Una partita rischiosa in cui, dopo una iniziale esitazione, si getterà a capofitto, a dispetto di tutti. In quei pochi metri si misurerà il senso profondo della vita e la possibilità di amare e di essere amati. 

Andò voleva dare una visione della camorra dal di dentro, esplorare la zona intima dove collidono i codici del crimine e quelli degli affetti, e dove si combinano il mostruoso e l’umano. Con Franco Marcoaldi ha riadattato il romanzo per il grande schermo, lasciando invariata la storia, tranne che nel finale.  “Il maestro è un uomo di passioni nascoste, segrete. La musica è il suo demone, la sua misura – spiega l’autore, presentando il film a Roma con il cast-. Toccherà a lui lo svezzamento affettivo di un bambino difficile, di un ribelle. Una storia di filiazione o di paternità in cui trovare il senso di una vita”. 

C’è la camorra e c’è il crimine come retroterra di questa storia, c’è un oltraggio al crimine per il quale il bambino, Ciro, deve pagare un prezzo. “Ma quello che muove il gioco avviene in una zona franca – precisa l’autore -, dove si incontrano due esseri umani molto particolari. Un adulto che si è, da tempo, volontariamente, messo fuori dal gioco e un bambino che, senza volerlo e senza saperlo, si è condannato a morte.  Si incontrano in una casa che diventerà la loro prigione, in un quartiere degradato di quella città-arcipelago che è Napoli, dove l’orrendo e il sublime convivono a un passo l’uno dall’altro, a volte senza incontrarsi mai”.

“Il musicista è un emarginato, come il bambino, rompe la sua corazza di indifferenza, nasce una meravigliosa storia d’amore senza morbosità – puntualizza Orlando -. Può capitare che un incontro sia una chiave di volta, ti cambi la vita, devi stare attento ad ascoltare”.
Ognuno è costretto a capire chi è l’altro, a imparare l’alfabeto di una grammatica nuova, della quale non conosce le regole. Questo è il cuore del film (come pure del romanzo), e anche il movente, la sfida, da cui Andò è partito per far emergere da un paesaggio in rovina, due figure, un adulto e un bambino, che dapprima sono costrette a nascondersi e a elaborare una forma di convivenza, e dopo ad amarsi come padre e figlio.