“Un piccolo mostro cova in ognuno di noi”. Convinti di questo Fabrizio Biggio e Francesco Mandelli hanno voluto evidenziare le mostruosità contemporanee ne La solita Commedia – Inferno, la loro terza esilarante pellicola, scritta e diretta insieme a Martino Ferro, dal 19 marzo in 400 sale con Warner Bros.

I Soliti Idioti stavolta hanno persino scomodato il sommo Dante per mostrare con ironia e intelligenza i mostri dei giorni nostri: una massa di cafoni, infantili, incazzati, isolati ma sempre connessi, agguerriti nel traffico, alla cassa dei supermarket, nei bar all’ora di punta. Una commedia originale, intelligente, divertentissima, che catapulta l’Alighieri nella nostra attuale grande bruttezza per catalogare i nuovi peccati e consentire a Minosse di creare gli opportuni gironi dove convogliare i peccatori d’oggi come haker, drogati di whatsApp, scavalcatori di file, pubblicitari invadenti, poliziotti fuori di testa, condomini nevrotici, che affollano l’anticamera dell’inferno.

Biggio e Mandelli si dicono onorati che il loro terzo film venga considerato l’erede del capolavoro di Dino Risi con Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman, che non negano essere uno dei loro modelli, di cui condividono lo spirito, la voglia di raccontare l’Italia e gli italiani in chiave grottesca, ma a modo loro, per far ridere con apparente leggerezza, ma in modo intelligente. Sul fronte musicale forti i riferimenti agli strampalati ma ficcanti Jannaci, Cochi e Renato anni’70.

A condividere i tanti ruoli che si sono ritagliati creando irresistibili sketch, insieme agli altri protagonisti (Marco Foschi, Walter Leonardi, Giordano De Plano, Paolo Pierobon, Daniela Virgilio, Marco Ripoldi, Massimiliano Lozzi) c’è pure il bravissimo Gianmarco Tognazzi (presente anche nei due precedenti film che hanno incassato 12 e 9 milioni), stavolta nei panni di un Padre Pio che vende magliette e si azzuffa con i santi riuniti in un rissoso parlamento, al cospetto di un Dio che beve, fuma e s’impasticca e di un giovane Gesù (interpretato da una sorprendente Tea Falco) che, borsone da palestra alla mano, annuncia al padre che va a fare Judo.

“La libertà è poter scherzare anche su cose drammatiche, anche su un Dio più umano e sui santi in confusione, presuppone che credi che esistano” dicono convinti i due autori. Tognazzi è anche un incolto commissario di polizia, un terapeuta per dipendenti da telefonino e, ruolo top, il Ministro della Bruttezza. E’ la summa di tutti i personaggi – dice Tognazzi -, ho pensato a mio padre in Vogliamo i colonnelli, oggi la nostra vita caotica ci porta alla dipendenza da telefonino, ad abbassare sempre più il nostro senso critico verso il brutto”. Insomma, come sottolinea Tea Falco, il film è una sorta di Grande Bellezza in forma ironica sugli stereotipi umani. Assolutamente da non perdere.