Con talento, tenacia, abnegazione, sudore e lacrime, tutti possono cambiare la propria vita. Per Sergio Rubini è questo il messaggio del suo film I Fratelli De Filippo, che 01 Distribution porterà in circa trecento sale, ma soltanto il 13,14 e 15 dicembre. Un kolossal in costume primi Novecento da 9 milioni di euro, che racconta gli albori professionali della più popolare famiglia di attori napoletani, prodotto dalla Pepito di Agostino e Maria Grazia Saccà con Rai Cinema (già pronti per un sequel). La scelta del regista (che firma anche il soggetto e la sceneggiatura con Carla Cavalluzzi e Angelo Pasquini) è stata di raccontare soltanto un segmento della vita dei tre popolari artisti, accennando soltanto gli episodi più noti che avrebbero segnato in seguito le loro vite.
Rubini ha magistralmente costruito le loro personalità molto complesse, problematiche, cucendole addosso a Mario Autore (Eduardo), Domenico Pinelli (Peppino) e Anna Ferraioli Ravel (Titina),  straordinari attori teatrali finora praticamente ignorati dal cinema, ma che si spera avranno d’ora in poi molte occasioni per far apprezzare anche al grande pubblico la loro professionalità. Al loro fianco Giancarlo Giannini, perfetto nel ruolo del ruvido, potente Scarpetta e, nei panni del suo primogenito e erede, un notevole Biagio Izzo, finalmente sdoganato dai soliti ruoli comici sopra le righe e qui in grado di dimostrare le sue valide capacità attoriali. Non mancano nei ruoli minori ottimi interpreti, tra cui Susy del Giudice, Marianna Fontana, Maurizio Casagrande, Vincenzo Salemme, Marisa Laurito, Maurizio Micheli, Giovanni Esposito, Lucianna Defalco.

La storia è ambientata nella Napoli di inizio Novecento, i tre fratelli Peppino, Titina ed Eduardo, vivono con la bella e giovane madre, Luisa De Filippo. In famiglia un padre non c’è, o meglio, si nasconde nei panni dello “zio” Eduardo Scarpetta, il più famoso, ricco e acclamato attore e drammaturgo del suo tempo che pur non riconoscendo i tre figli naturali, li ha introdotti fin da bambini nel mondo del teatro, trasmettendo loro il suo grande talento. Alla morte del grande attore, i figli legittimi si spartiscono la sua eredità, mentre aì Titina, Eduardo e Peppino non spetta nulla. Il riscatto dalla dolorosa storia familiare avviene con la formazione del trio De Filippo, sogno accarezzato per anni da Eduardo e dai suoi fratelli e finalmente realizzato, superando enormi difficoltà economiche e conflitti tra loro. Una ferita familiare che dunque si trasforma in arte per i tre giovani che, unendo le forze, danno vita a un modo del tutto nuovo di raccontare la realtà con uno sguardo che arriva fino al futuro.
“La storia dei fratelli De Filippo merita un racconto che dà ai giovani la speranza nel futuro – spiega Rubini -. Eduardo, Titina e Peppino in diversa misura e per ragioni differenti sono impressi nell’immaginario collettivo del nostro Paese. Ma prima di essere quei ‘monumenti’ che conosciamo, sono stati un trio che dal 1931 ha furoreggiato su tutti i palcoscenici dal Nord al Sud d’Italia imponendo un nuovo modo di far teatro. Gli argomenti portati da loro in scena superano la tradizione del teatro napoletano legato alla farsa per intraprendere una strada più realistica, attinta dalla vita di tutti i giorni”.

Il nuovo corso intrapreso dai De Filippo, più problematico e amaro, modifica il gusto delle platee fino a penetrare nelle maglie più profonde della società. Ma dietro questa “rivoluzione”, questo originale progetto culturale, ci sono tre artisti che prima di tutto sono tre fratelli con tre individualità differenti e una famiglia difficile alle spalle. Ed è proprio la famiglia il nucleo centrale della loro storia, perché è lì che si annidano la loro problematicità, i “motivi” della loro arte e i germi della loro separazione. “Il film è un racconto psicologico. È un racconto morale. Un riscatto è offerto a tutti ma va conquistato a fronte di sacrifici, studio, abnegazione e tanto coraggio – puntualizza Rubini -. È la storia di una rivoluzione. Di come tre artisti, animati dall’ardore della giovinezza e dalla voglia di rinnovamento, cambiarono il corso del teatro, e di come Eduardo aprì le porte al Neorealismo. Ma è anche l’epopea di una famiglia italiana che con tenacia e dignità non si arrende mai, si rimbocca le maniche e con ingegno e creatività si costruisce un nuovo futuro. Senza mai perdere la capacità di sorridere della vita e delle sue miserie”.
“Con le loro storiche battute sono un presenza costante nella nostra quotidianità” sottolinea Autore, al suo debutto assoluto nel cinema. “Peppino soffriva di mania di persecuzione, aveva la sindrome del ‘secondo’ , questo suo aspetto mi ha aiutato a calarmi nei suoi panni” spiega Pinelli. “Titina era il collante del trio, la loro grande forza li ha resi trasversali alle epoche. Allora c’era la fame, la povertà, sono stati interpreti di un cambiamento sociale” aggiunge Ferraioli Ravel. Taglia corto la Del Giudice: “Come diceva Eduardo, il film è una grande magia”.