Elegante, raffinato, arricchito da una straordinaria capacità di sintesi ma comunque emotivamente evocativo. Torna il grande cinema americano, quello in grado di fondere con cura stile ed impegno, prestando attenzione a quei particolari capaci di trasmettere un’emozione senza ricorrere a facili sensazionalismi. Good Night and Good Luck conquista lentamente con la pazienza di cui può essere dotata una storia che sa di essere grande ed unica nel suo genere. Con progressione costante gli eventi si susseguono lasciando il tempo di comprendere, assimilare fino a scoprirsi irrimediabilemente conquistati. Per amore di sintesi lo si potrebbe definire come una pellicola realizzata con il cuore e l’anima nel pieno di un totale trasporto intellettuale ed affettivo ma sarebbe comunque un giudizio assolutamente riduttivo per un film che indaga con profondità nello sguardo di un uomo incapace di dimenticare il significato di dignità e coraggio. Allo stesso modo lo si potrebbe catalogare come un film meramente politico ma anche questa definizione appare fortemente inappropriata se si osserva con attenzione la ricostruzione particolarmente dettagliata degli ambienti della CBS dove l’entusiasmo e l’incosciente forza di un gruppo di giornalisti distoglieva l’attenzione dal caso McCarthy. All’interno delle atmosfere claustrofobiche si annida la scoperta di un’etica professionale e personale, si toccano le responsabilità di chi avrebbe il compito di sostenere la libertà di espressioneper far in modo che un intero paese trovi il giusto appiglio per liberarsi del clima di terrore in cui vive.

Certamente oggi non sappiamo quanto riscontro avrà questo film e come verrà accolto negli Stati Uniti ma una certezza assoluta è che George Clooney ha realizzato una splendida seconda regia, dando vita ad una battaglia epica tra la storia e l’uomo che ne è artefice e vittima allo stesso tempo. Allontanatosi dallo stile iperattivo e psichedelico che caratterizzo Confessioni di una mente pericolosa, rinuncia ai piani lunghi per puntare ossessivamente ed impunemente la macchina da presa sul volto di Murrow (David Strathairn), indagando cosa si cela oltre la sua maschera di imperturbabilità. Rigoroso ed assolutamente essenziale Clooney non si concede sbavature o dilatazioni temporali. L’enfasi è negata e ripudiata all’interno di un dialogo onnipresente, ma così ben gestito da risultare assolutamente necessario. Nulla invade un percorso che appare incredibilmente naturale; non i singoli attori così ben appropriati nei ruoli tanto da perdere la loro naturale identità, né una colonna sonora raffinata ma mai invasiva che con la morbidezza del blues delimita e racconta il vincere e perdere, il nascere e morire. Nulla da aggiungere ed assolutamente nulla da togliere a quest’opera cha ha saputo fondere documenti storici e finzione con tale attenzione e rispetto da regalare per assurdo al senatore McCarthy il miglior ruolo che abbia mai rivestito di fronte alle telecamere. Certo non in molti conoscono le zone d’ombra e di terrore che caratterizzarono tutta l’epoca del maccartismo, tanto meno sono a conoscenza dell’immenso talento e dedizione che Murrow mise a disposizione dell’informazione, ma tutto questo sembra apparire assolutamente insignificante paragonato a quegli occhi dove bruca una fiamma vivissima. Perché al di là di qualsiasi riferimento storico, politico e sociale ciò che rimane è lo sguardo di un uomo che non ha dimenticato il rispetto per se stesso e per il suo ruolo sociale.

di Tiziana Morganti