Dopo l’ottimo avvio di stagione con la sorprendente commedia Troppu Trafficu ppi nenti e il grande successo dell’Edmund Kean di Gigi Proietti, il Silvano Toti Globe Theatre di Roma si prepara ad accogliere sul proprio palcoscenico l’adattamento dell’Enrico V curato da Daniele Pecci,  dal 21 luglio fino al 6 agosto (con le eccezioni del 24 e del 31 luglio in cui andrà in scena Il canto di Shakespeare, interpretato da Pamela Villoresi con musiche e canzoni da lui utilizzate all’interno delle sue opere).

Lo spettacolo diretto e interpretato dallo stesso Pecci porterà in scena le vicende del sovrano inglese e della sua rivendicazione del regno francese ai danni di Carlo VI. Il fascino di questo testo, sinora mai rappresentato sul palco del teatro elisabettiano di Villa Borghese, risiede proprio nel legame naturale con la prestigiosa struttura ovale del Globe originario. L’Enrico V è estremamente connesso con la forma del teatro, forse più di ogni altro testo shakespeariano, e l’adattamento presentato in questa stagione evidenzia in maniera particolare l’inscindibile complementarietà tra la componente scenica e il testo rappresentato.

“Più che in ogni altro dramma storico, nel grande racconto della vicenda umana e del mondo, Enrico V è forse il più emblematico – spiega Pecci -. In esso coesistono, prima di tutto, elementi epici; nella narrazione esaltante e magniloquente  delle vicende della conquista della Francia da parte di un esiguo manipolo di fratelli, e dall’altra il racconto e il linguaggio cosiddetto ‘basso’ della commedia quasi farsesca, per i personaggi della combriccola di Falstaff, e addirittura elementi squisitamente eufuistici, come nel corteggiamento della bella Caterina di Francia nella parte finale del dramma.

L’elemento nuovo e aggiuntivo però – continua l’attore -, è rappresentato dal personaggio del Coro, o meglio dall’uso che Shakespeare fa di quest’ultimo. Se da un lato ci accompagna nella narrazione spiegando o commentando le varie scene del dramma, dall’altro esso ha una funzione quasi illustrativa, pedagogica, esplicativa del teatro e del suo senso più profondo. Enrico V è un testo poco rappresentato, nonostante solletichi l’appetito di molti primi attori grazie all’innegabile fascino del suo protagonista. Lo spettacolo vorrebbe avvalersi di una traduzione agile e scorrevole che io stesso sto curando, della presenza di un nutrito cast di attori, di costumi d’epoca, e qualche elemento scenico…il resto dovrà essere un’invenzione; così come il teatro semplice vuole”.