Grandi amori, avventure, smarrimenti esistenziali, solitudini e amicizie fittizie o autentiche. Luca Barbareschi ripercorre la sua vita in Cercando segnali d’amore nell’universo, in scena al Teatro Eliseo di Roma dal 21 dicembre al 3 gennaio, con la regia di Chiara Noschese. Uno spettacolo dal ritmo serrato (accompagnato dalla band di Marco Zurzolo con la voce di Angelica Barbareschi), che parte da lontano e approda ai ricordi più recenti, in un mosaico di episodi divertenti, intimi e commoventi. Un autoritratto a tinte forti di un artista funambolico e coinvolgente che sfoglia il libro della sua esistenza declinando con generosità una vasta gamma di emozioni.

“Si parte dalle origini – spiega Barbareschi – quando mio padre e mia madre in attesa di me, si imbarcarono per il Sud America su una nave che aveva a bordo la Compagnia dei Giovani con Giorgio Albertazzi e altri grandi attori in viaggio per una tournée. Quando sbarcarono in Uruguay, ci fu l’assalto dei giornalisti. Venne fotografata anche mia madre che era bellissima. Il giorno dopo uscì un articolo con un suo primo piano, la didascalia diceva: Anna Proclemer. Insomma, un destino, quello mio di salire su un palcoscenico”.

Il risultato è un one man show che non lascia respiro, incalzante e disincantato, sempre sulla lama di un rasoio che sa tagliare e accarezzare. La tenerezza della sua infanzia tra le vie di Montevideo, per poi passare all’adolescenza milanese con genitori problematici, alla gioventù vissuta spericolatamente a New York, alle prime esperienze teatrali che diventeranno una professione gridata, per giungere infine alla dimensione dell’uomo maturo, inserito nella propria dimensione familiare.

“È una festa, un appuntamento pieno di emozioni che partono dal cuore di chi sta in scena e arrivano a quello dello spettatore. Si ride tanto, ci sono ironia, elettricità, musica dal vivo, soprattutto verità – aggiunge l’attore, direttore artistico dell’Eliseo -. E’ dedicato a chi sa guardare oltre le apparenze e negli occhi sconfinati dei cieli notturni, a chi conosce le storie antiche e sa che le attese sono lunghe, a chi ha voglia di festeggiare lo stanco gioco della vita dove tutti prima o poi ci troviamo a recitare. Ce ne sarebbe abbastanza per crollare e invece, tutto sommato, è andata bene. Credo nella teoria ebraica dell’inciampo: cadi ma poi ti rialzi più forte di prima”.