Un catalogo è il naturale porto d’approdo per ogni artista, per raccogliere il meglio della sua produzione e per segnare una tappa nel proprio percorso. A tale regola non si è sottratto Mario D’Imperio che ha appena pubblicato un catalogo, abbinato ad una mostra, dal titolo “Il fango e la luce”, che si terrà a Roma, presso la Biblioteca Flaminia a partire da lunedì 21 ottobre. Il volume, edito da Lithos, è corredato dagli autorevoli commenti critici della curatrice dell’esposizione, Maria Italia Zacheo e del regista e giornalista, Emanuele Pecoraro. D’Imperio, forte di un curriculum di tutto rispetto e della partecipazione ad oltre cento mostre, tra personali e collettive, è stato recensito in passato da autorevoli critici come Loredana Finicelli, Beatrice Mastrorilli, Antonio Lotierzo e Livia Semerari e, negli ultimi anni, ha volutamente accantonato l’antica tecnica ad encausto ed un figurativo più accademico per recuperare una dimensione ugualmente artigianale, eppure contemporanea, del suo modo di fare arte. Tale scelta non deve però stupire perché è innato nell’artista il desiderio di sperimentare sempre nuovi linguaggi, coniugandoli con vecchie abilità acquisite in passato. Già in precedenza, per l’Anno Giubilare del 2000, aveva realizzato quattordici formelle ceramiche per le stazioni della Via Crucis che porta al Santuario quattrocentesco di Pozzo Faceto, situato nella campagna di Fasano tra ulivi secolari. Da quella esperienza era nato “L’angelo e il giudizio”, una bella pubblicazione, impreziosita dai versi della poetessa lucana, Rosa Maria Fusco.
Oggi, a vent’anni di distanza, D’Imperio ritorna a sperimentare, con un esercizio di pazienza, sui colori, sui gradi del forno, sulle terre e sugli smalti ceramici.
L’artista realizza le sue formelle senza un disegno preparatorio, utilizzando molto spesso la tecnica del dripping. Questa procedura è stata utilizzata per la prima volta nel 1947 da Jackson Pollock, uno dei maggiori rappresentanti dell’espressionismo astratto, traendo spunto dalla scrittura automatica surrealista. Sulla terracotta grezza le terre, ovvero il fango che poi diventa luce e colore, vengono lasciate sgocciolare con i pennelli, dando forma al soggetto, creando un sottile gioco di sperimentazione tra pittura materica e pittura segnica. Quando le terre si sono perfettamente asciugate, D’Imperio le inserisce nel forno ad una temperatura che sfiora i 1000 gradi, fino a che la cottura non fa il suo gioco, a volte perfido: il fango cristallizza e si trasforma in smalti luminosi. Non sempre il risultato però è quello voluto. Per avvicinarsi al volere dell’artista, nell’uso della ceramica è necessaria esperienza ed un po’ di sapienza alchemica.

Chiara Campanella