Si chiude il Festival della Canzone, tra furori e polemiche

È sempre più doloroso assistere, in diretta eurovisione, allo svilimento del nostro patrimonio musicale che in passato ci ha resi famosi,  apprezzati e canticchiati in tutto il mondo. Fa male vedere mandare allo sbaraglio sul palcoscenico della città dei fiori (peraltro assenti dalla scena, forse perché giudicati obsoleti in un così avveniristico allestimento, alla faccia dei coltivatori!) pochi ma forti brani musicali, poetici, interpretati con grinta e professionalità, dispersi in uno scadente circo mediatico, noioso,  prevedibile e volgare.

In nome del sempre più imperante dio auditel, non ci vengono risparmiati turpiloqui e invettive di deliranti guru, forse toccati dall’avanzare dell’età, rimpiazzati dopo la valanga di reclami da modelle smutandate e palpeggiate. Per non parlare della prima donna ufficiale del festival, attesa come l’apparizione della Madonna, giovane, bellissima e insulsa, dall’evanescente risata similequina.

Demenziale? No, tutto studiato a tavolino per una seconda puntata che, in assenza di guru, doveva far rimanere incollati al teleschermo gli appetibili milioni di telespettatori che portano milioni di euro degli sponsor nelle casse degli organizzatori. E aizzare i necessari dibattiti del giorno dopo, incentrati su amletici e profondi dubbi del tipo “Slip sì o slip no?”.

Cosa aspettarsi anche in futuro, se sarà in mano alle nuove promesse canore esibitesi (d’accordo,  in preda all’emozione) sul mitico palco dell’Ariston. Una generazione di svociati, ultraminorenni strappati ingiustamente dalle braccia materne della Clerici, talent scout televisiva di ragazzini dalle ugole d’oro. È così urgente, ci si chiede, debuttare quindicenni, impreparati seppur vincitori, o sarebbe meglio allenare e sviluppare le corde vocali con qualche anno di studio in più?

E stendiamo un  pietoso velo su certi comici (che parolone!) che hanno di recente inspiegabilmente sbancato i botteghini dei nostri cinema con film-commedia di pessimo gusto. Nel loro film tracimavano fiumi di parolacce che al Festival gli hanno fatto ipocritamente strozzare in gola, lasciando comunque poco all’immaginazione.

Beh! Se questo è tanto piaciuto a milioni di telespettatori, a nostro avviso il pubblico televisivo si è assuefatto al “panem e circenses” di romana memoria, o le “brioches” invocate per lui al posto del pane da Maria Antonietta. Ci rifletta il nostro Premier per i prossimi tagli. La tv pubblica l’ha già capito da un pezzo!