La nuova fiction Mediaset in onda su Canale 5 dal 25 gennaio

«Non fate del magistrato l’arcangelo Gabriele con la spada di fuoco». Si è raccomandato il giudice Raffaele Cantone, preziosissimo consigliere di Stefano Accorsi per la fiction Il clan dei camorristi, in onda dal 25 gennaio in prima serata su Canale 5. Otto puntate, ideate e realizzate da Pietro Valsecchi, dirette da Alessandro Angelini e Alexis Sweet, con Accorsi nei panni dell’integerrimo giudice Andrea Esposito e Giuseppe Zeno, lo spietato camorrista rampante Francesco Russo.

Al loro fianco, nei ruoli delle rispettive mogli, Francesca Beggio (Anna Esposito) e Claudia Potenza (Giuseppina Russo), con Francesco Di Leva, Renato Marchetti, Serena Rossi, Fabio Troiano. Massimo Popolizio sarà Don Graziano Diana, vittima innocente della camorra, un personaggio che ricorda don Peppe Diana, fatto tacere a colpi di arma da fuoco a Casal di Principe nel 1994.

La serie, ben scritta da Daniele Cesarano, Claudio Fava, Barbara Petronio e Leonardo Valenti, racconta l’ascesa dell’organizzazione malavitosa più spietata degli anni ’80, capitanata da Antonio Vescia, boss di Castello di Aversa. Dal dopo terremoto dell’Irpinia, fonte di arricchimento per le mafie locali, fino alla fine degli anni Novanta, dalla sconfitta di Cutolo e della Nuova Camorra organizzata all’avvento delle nuove famiglie, affariste spregiudiate. Russo detto “o’ Malese” dal casertano muove alla conquista della Campania, s’introduce nei palazzi della politica romana, porta a ripulire i soldi della ‘famiglia’ al nord Italia, eliminando con ferocia tutti gli ostacoli. Contro di lui c’è l’Italia che non si piega, quella del magistrato Esposito, nato nel casertano ma cresciuto al nord, determinato a portare avanti ad ogni costo la sua lotta contro quei criminali.

«È una serie che mancava e che doveva essere realizzata – dice Valsecchi -. È la prima volta che una fiction affronta il tema della malavita organizzata in Campania, della sua trasformazione in un sistema di potere alternativo, colluso con la politica e le istituzioni, che si è impossessata dei miliardi destinati alla ricostruzione dell’Irpinia, corrompendo politici e amministratori locali. Racconta anche e soprattutto il coraggio e la determinazione con cui gli uomini dello stato hanno combattuto, guidati da un giudice che non si è fatto intimorire da nessuno». La serie ha dunque rielaborato fatti di cronaca, ripercorso indagini e processi, con un lungo e accurato lavoro di documentazione, coniugando realismo, emozioni, impegno civile. Valsecchi è convinto che solo mostrando l’ottusa violenza della criminalità e l’esempio luminoso di chi è pronto a sacrificare tutto per combatterla, si potrà provare a rendere migliore il nostro paese.

Accorsi nel costruire il suo personaggio ha fatto tesoro dei consigli di Cantone (il giudice che arrestò il capo camorrista ‘Sandokan’ e collaborò con Saviano per Gomorra). «Non ho idealizzato questa figura di magistrato – spiega -, gli ho chiesto se lui si fosse mai perso d’animo, come si vive con la famiglia sotto scorta. Si tende a pensare che il lavoro del giudice sia eccitante, invece è un granello di sabbia messo dentro a un contenitore che servirà a far crollare questo sistema».

Per esplorare a fondo il suo personaggio Accorsi si è ispirato anche al giudice Bottino, che lotta ancora contro la camorra lavorando nell’ombra. «Trattare una materia così delicata non è facile – dice l’attore – bisogna stare attenti al ‘male che seduce’. Ci furono molte polemiche su Romanzo Criminale, ma per un attore è doveroso porre lo sguardo su certi temi. I magistrati sono meno conosciuti dei criminali. Sono contento di averne interpretato uno». La fiction mostra le due facce della medaglia, la criminalità e chi la combatte, senza idealizzarle e non tradendo mai la verità profonda dei personaggi. «Tutte le organizzazioni criminali sono aumentate in modo esponenziale in Italia negli ultimi anni – dice l’attore quarantunenne che ormai da anni vive in Francia -.Al di là di come ci vedono all’estero un prodotto come questo è importante perchè più se ne parla, meglio è».

«Le ultime due puntate saranno di un’attualità pazzesca», annuncia produttore Valsecchi che tra pathos e sparatorie continua a portare in tv la tragica realtà. Dal canto suo Mediaset spera di bissare gli ascolti de Il capo dei capi, la fiction su Totò Riina che ha inchiodato alle poltrone più di 7 milioni di spettatori, superando il 28% di share.