Una Parigi notturna o plumbea ed i vicoli di una malfamata Pigalle dove s’intrecciano le esistenze affaticate ed incompiute di criminali, prostitute e poliziotti costituiscono il palcoscenico sul quale si affrontano i due eroi sconfitti, angeli decaduti impeganti a rappresentare la lotta tra l’onore e l’ambizione. Uno scontro intorno al quale Olivier Marchal costruisce non solamente il destino di due percorsi ma accoglie la sfida di introdurre anima e passione tra le fitte regole di un genere. 36 – Quai Des Orfèvres è un ottimo noir, un’avventura emozionante e coinvolgente ed un poliziesco con un ritmo narrativo mai esitante o lacunoso, ma soprattutto dimostra di essere dotato di una forza aggiunta, di un merito esterno che nulla ha a che vedere con la fedele riproduzione o con la perfezione rappresentativa. Ci troviamo di fronte ad un’opera dotata di cuore, pensieri ed istinti, gli stessi che, probabilmente, hanno mosso le intenzioni di Marchal nel narrare una vicenda di corruzione e dolore umano realmente accaduta e che ritroviamo non indossati o semplicemente presi in prestito ma realmente rappreserntati sui volti di Daniel Auteuil e Gerard Depardieu. Lungo il perimetro ben definito della squadra anticrimine sono loro i due uomini che si affrontano spostando continuamente il limite oltre il quale il bene si trasforma in male e le passioni prendono il sopravvento infangando azioni e intenzioni.

Seppur lo sguardo del regista e del pubblico è portato a posarsi con maggiore benevolenza sulla forza morale e sulla volontà di verità perseguita da Auteuil, l’intensità negativa espressa da Depardieu coinvolge ed attrae con uguale magnetismo. Una dualità costruita e gestita con particolare sensibilità ed intelligenza attraverso una giusta concessione di spazi, luoghi ed occasioni all’interno dei quali si evidenziano i momenti di oscurità che avvolgono e pesano su entrambi. È più nobile trovarsi coinvolto in un crimine e non denunciarlo pur di catturare una intera banda o è più saggio ed avveduto continuare a camminare tra le file della burocrazia pur di ottenere un posto di prestigio che la propria ambizione anela? È fondamentale nella vita essere dotati di una forte umanità per quanto questa ci induca ad esporci e a dover pagare con un sacrificio che potrebbe valere una intera vita o è più consono dimenticare la propria mediocrità e pensare di poter tradire e colpire senza che i fantasmi tornino a perseguitarci? Quesiti importanti che colmano lo spazio esistente tra due uomini all’antitesi. Atteggiamenti che rivelano quante sfumature oscure e dolorose possa vestire il bene e quanti momenti dolci ed inebrianti possa concedere il male. Ma al di là di qualsiasi giudizio personale è lo stesso Olivier Marchal che ci offre una lettura conclusiva ben precisa. Qualsiasi sia la direzione presa il destino giunge comunque a pareggiare i conti restituendo, almeno in parte, il mal tolto e togliendo l’ingiustamente concesso. Decisamente un ottimo finale per un film, peccato che a volte la vita sia ben diversa.

di Tiziana Morganti