Nei cinema dal 2 marzo

«Siamo tutti drogati di solitudine». Lo afferma Carlo Verdone nel film Posti in piedi in Paradiso, prodotto da Aurelio e Luigi De Laurentiis, distribuito dal 2 marzo in 650 sale da Filmauro. L’attore e regista romano ha scelto l’arma della commedia per affrontare in chiave non proprio umoristica un’attualità drammatica: gli uomini separati e i loro difficili rapporti con figli e denaro. Protagonisti tre padri separati e squattrinati, patetici e comici.

Verdone (che ha scritto la sceneggiatura con Pasquale Plastino e Maruska Albertazzi) interpreta un ex discografico fallito ridotto a vendere dischi vintage. Marco Giallini fa l’agente immobiliare donnaiolo, pluriammogliato e un po’ cialtrone che “arrotonda” facendo il gigolò e Pierfrancesco Favino è un giornalista costretto al gossip per sbarcare il lunario. Svenati dagli alimenti da passare alle ex mogli, malgrado non si conoscano e siano profondamente diversi, decidono di andare a vivere insieme per dividersi anche il misero affitto di una vecchia casa fatiscente. Nella loro vita irromperà una generosa e svampita cardiologa (Micaela Ramazzotti) che aiuterà Verdone a ritrovare la fiducia in sé. Più defilate le “mogli” Diane Fleri, Nicoletta Romanoff e Valentina D’Agostino.

«Volevo raccontare in commedia storie drammatiche, parlare della realtà attraverso i suoi lati precari – spiega Verdone – puntando non solo all’intrattenimento». Non trascura, tra le righe, di affrontare anche il tema delle nuove generazioni, che vivono un momento estremamente nebuloso e non sono certo padri come quelli del film che possono “allenarli” per tagliare il traguardo del loro futuro. Non si schiera contro le donne, pur sottolineando l’eccessiva severità nel far vedere i figli agli ex col contagocce.

«È umiliante, aiuta la famiglia ad andare verso il disastro – dice il regista -. Sarei contento se questo film facesse percepire l’inutilità dello scontro violento tra marito e moglie che può traumatizzare seriamente i figli. Se oggi anche la famiglia deraglia è la fine». Strepitoso Giallini nel ruolo del cialtrone trascinatore, che stavolta ruba alla grande la scena al consapevole Verdone. «Per me e Favino ho scritto i ruoli più equilibrati. A una certa età – ammette rassegnato – continui a voler fare il mattatore ma fai un passo indietro e condividi la scena con altri».

«Con Carlo abbiamo pensato spesso ai ruoli di Franco Fabrizi, ma non era così simpatico, il mio modello è Gassman», ammette Giallini, che rischiava di bissare il finale tragico del Sorpasso se gli autori non avessero preferito chiudere ogni storia con uno sdolcinato happy end». «Fare un film con Carlo è il coronamento di un sogno – racconta Favino -. Nel film rappresento i giornalisti, una categoria che oggi non naviga certo nell’oro, con tutti i tic voluti da Verdone» (tic non proprio azzeccatissimi per il bravo attore che qui, in certi momenti, rasenta la farsa con le “faccette” finalmente dismesse da Verdone).

«Carlo ha voluto raccontare la violenza che attraversa il nostro tempo. La mia cardiologa stempera un po’ la presenza dei tre uomini con la sua stralunata saggezza» dice l’eternamente “svampita” Ramazzotti. «Io sono la moglie di Favino che scopre un tradimento – spiega un’intransigente Romanoff (l’unica veramente divorziata con figli) -. Molte preferiscono far finta di non sapere se no devono decidere cosa fare. È brutto vendicarsi economicamente per colmare un vuoto, ma il fattore soldi deve pareggiare la lacuna nei sentimenti». Favino tenterà la riscossa con un’avvenente starlette superficiale e arrivista (Nadir Caselli), ma alla fine saranno i figli a gettare un’ancora ai disperati padri, facendo loro intravedere uno spiraglio di “Paradiso”, anche se comunque dai posti in piedi.